L’industria automotive investe sulla “smart supply chain”

Negli ultimi anni il mercato asiatico per l’industria automotive ha avuto un forte incremento fungendo un po’ da termometro dello stato di salute del settore a livello mondiale. Che influenza ha avuto il Covid su questo comparto?

“Il mercato automobilistico in Cina si sta riprendendo, non solo nel settore Oem ma anche nell’aftermarket. Alla fine di aprile abbiamo fatto un’indagine su 52 stabilimenti di aftermarket che coprono circa 19 gruppi di prodotti, e i risultati dell’indagine hanno dimostrato che in termini di stato di produzione, del personale di catena di montaggio, fornitori e trasporti locali, quasi tutti gli stabilimenti hanno comunicato il ritorno alla normale operatività. Per quanto riguarda le capacità disponibili tutte le fabbriche hanno margini molto stretti, inferiori al 30%, mentre il 30% delle aziende ha comunicano di avere le capacità disponibili del 10% e sotto: tutto ciò può essere dovuto al sovraccarico del business locale dopo la ripresa e la crescita degli ordini internazionali. Inoltre, i lead time della produzione sono più lunghi rispetto al periodo precedente la pandemia, ma la maggior parte delle fabbriche rimane ancora sui 60 giorni o meno. Adesso, durante il periodo della ripresa, stiamo osservando qualcosa di molto interessante”.

Di cosa si tratta?

“Abbiamo notato un cambio fondamentale da parte delle industrie automotive dopo il Covid-19, soprattutto nei modi in cui le comunità globali dell’aftermarket coordinano i loro business, compresa la gestione della supply chain. Abbiamo anche notato l’adozione più estesa di nuove pratiche di business, soprattutto nel commercio internazionale, che sono state rese disponibili grazie alle nuove tecnologie avanzate come cloud-based computing, i miglioramenti delle reti di comunicazione e dei dispositivi, e le applicazioni di live-streaming molto avanzate. Questo profondo impatto del coronavirus ha già trasformato la tradizionale gestione del cross-border supply chain in un modello aggiornato di business che potremmo chiamare cross-border supply chain management post Covid-19, o semplicemente Scm C19”.

A chi è rivolto questo modello?

“Ritengo che si rivolga a tutte le sfide delle comunità internazionali dell’aftermarket che dipendevano dalle forniture dall’estero. È presumibile che per un po’ di tempo la maggior parte dei buyer internazionali non riusciranno viaggiare o avranno delle limitazioni negli spostamenti. In tal caso, come sarà possibile identificare e pre-qualificare le forniture? Come ispezionare o fare l’audit nelle fabbriche? Come verranno gestiti il pre-shipment e le ispezioni? È in questo caso che potrebbe entrare in gioco Scm C19. Questo modello potrebbe fornire alle comunità internazionali dell’aftermarket un sistema per affrontare le nuove norme della fase Covid-19, con Scm C19 i buyer europei potranno continuare a ordinare le forniture dalla Cina, e tutto il processo dell’approvvigionamento potrà essere rafforzato sia dalle tecnologie disponibili che da una varietà di servizi sul posto, sia in Europa che in Cina, così che gli acquisti transfrontalieri potranno essere condotti senza problemi e in sicurezza oltreoceano, anche se non ci si incontra di persona, senza che i buyer internazionali vengano in Cina”.

In pratica l’impiego di strumenti tecnologici consente di non interrompere la catena di fornitura e continuare a fare attività di business.

“Sì, con Scm C19 tante operazioni della gestione della supply chain internazionale saranno semplificate dalla tecnologia che consentirà ai buyer internazionali di partecipare da lontano e in tempo reale. Pensiamo per esempio all’ispezione in loco o l’audit che possono essere effettuati dai fornitori locali di servizi in Cina, mentre i buyer internazionali possono partecipare e monitorare il processo via live streaming. Lo stesso vale anche per il controllo qualità. Anche in questo caso gli ispettori locali potranno essere presenti sul posto, mentre i buyer internazionali potranno partecipare da remoto per verificare gli elementi critici dell’ispezione”.

 

Un altro tema importante è legato all’ordine minimo. In questo caso, secondo lei, come ci si dovrà muovere?

Diversi buyer internazionali si lamentano dei Moq (ordine minimo) elevati richiesti dalle fabbriche, che rappresentano anche un rischio più alto per il business. In questo caso penso che si possano organizzare delle attività come l’acquisto di gruppo per aiutare a ridurre i problemi dei Moq. Secondo me assisteremo ad attività dove con più ordini Lcl da diversi buyer si comporrà una spedizione completa per l’Europa. Penso che la tradizionale gestione della supply chain transfrontaliera nella comunità dell’aftermarket globale dovrà cambiare per sopravvivere nella nuova economia della fase post Covid 19”.