Ecodesign e innovazione il settore dei pneumatici punta sulla sostenibilità

Pneumatici in prima linea nell’evento digitale organizzato da Autopromotec in dicembre: Futurmotive – Digital Expo and Conference, che è si è tenuto via web lo scorso 10 dicembre, è stato l’occasione per riunire tutta la filiera dell’aftermarket all’interno di un’arena virtuale in cui rappresentanti di aziende, esperti internazionali, università e associazioni di categoria hanno discusso di scenari e strategie economiche per il settore. Fra i diversi “tavoli tematici” dell’evento, il ricco panel dedicato ai pneumatici è stato incentrato principalmente sul punto di vista della sostenibilità e dell’innovazione.

 

Economia circolare e pneumatici

Ad aprire la sessione dedicata ai pneumatici l’intervento di Laura D’Aprile, Direttore Generale per l’Economia Circolare del Ministero dell’Ambiente, che ha illustrato le linee guida delle nuove direttive europee sull’economia circolare, recentemente recepite dal Governo italiano, per poi parlare nello specifico delle possibilità di valorizzazione che possono riguardare anche i pneumatici ricostruiti, in quanto prodotti frutto di un recupero e ripristino funzionale finalizzato al riuso: “I concetti di riparazione, riuso ed ecodesign sono alla base del piano europeo per l’economia circolare quindi sono concetti pienamente coerenti con la strategia a livello nazionale”, ha spiegato D’Aprile. “Noi in questo momento abbiamo uno strumento che è particolarmente forte e che è stato portato come esempio positivo di sviluppo ambientale anche all’ultimo G7, ed è lo strumento dei CAM, criteri ambientali minimi. Sicuramente introducendo delle previsioni specifiche che permettano alle stazioni appaltanti pubbliche di inserire anche i pneumatici ricostruiti all’interno dei bandi per l’acquisto di prodotti potrà dare grande impulso al settore. Di fatto i due pilastri che abbiamo in questo momento per lo sviluppo delle filiere circolari sono i CAM, per gli appalti pubblici, e l’End of waste, ovvero la cessazione della qualifica di rifiuto e le materie prime seconde derivanti dallo sviluppo delle filiere produttive degli scarti. Con l’introduzione dei CAM siamo certi che il settore potrà beneficiare dell’impulso di cui ha necessità.”

 

Aguettaz (GiPA): la sostenibilità funziona se parla al portafogli

Prima di entrare nel vivo della discussione con le aziende invitate, Marc Aguettaz, Managing Director GiPA Italia, ha fornito un quadro di sintesi sull’attuale mercato dei pneumatici ricostruiti in Italia, che rappresenta una fetta ancora piccola, circa il 15% degli acquisti effettuati dalle flotte di autotrasporto. Vi è però un 30% di aziende che utilizzano in modo significativo i pneumatici ricostruiti, i quali rappresentano il 50% del loro consumo, il che vuol dire che sono molto rigorose, perché il mercato del ricostruito non può superare la metà, perché il pneumatico prima di essere ricostruito deve essere acquistato come nuovo. Parlando delle aziende che non usano il ricostruito (o solo marginalmente) la prima obiezione che fanno riguarda la sicurezza per oltre il 60% dei casi (“un mito ancora da sfatare”, commenta Aguettaz); il secondo motivo è la gestione del fuori uso, che necessita di essere organizzato, il terzo motivo, molto distaccato, è la resa chilometrica, citata insieme alla qualità del prodotto. Guardando invece all’installazione, la maggior parte dei pneumatici ricostruiti viene installata dai gommisti specialisti (72% del totale), ma negli ultimi anni è cresciuta molto la quota rappresentata dalle officine interne alle flotte, che era solo il 2% nel 2011 ma arriva oggi al 22%, mentre si è marginalizzata la presenza delle reti dei costruttori, che conta solo il 2%. Segmentando il dato per dimensione delle aziende, vediamo che i padroncini, che usano pneumatici ricostruiti nel 25% dei casi, ricorre per il 94% al gommista, ma questo dato scende al 65% per le aziende grandi, le quali nel 30% dei casi possiedono un’officina interna. “L’economia circolare funzione se parla al portafogli”, è il commento finale di Aguettaz, e il pneumatico ricostruito può essere un sistema virtuoso anche in questo senso.

 

Carloni (AIRP): ecodesign è la parola chiave per l’economia circolare

Parlando di economia circolare applicata al mondo dei pneumatici, Stefano Carloni, Presidente di AIRP – Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici, non ha dubbi su quale sia il concetto base per il futuro: ecodesign. “La ricostruzione dei pneumatici ha un ruolo di primissimo piano nell’ambito dell’economia circolare, e anzi ne rappresenta la parte più nobile – ha spiegato Carloni – perché consiste nel riutilizzare non i materiali riciclati ma il prodotto stesso, parliamo quindi di remanufacturing, cioè di ripristino funzionale del prodotto usato. E il pneumatico è fortemente vocato all’economia circolare, tanto è vero che ne rappresenta un caso esemplare ante litteram, perché è da 80 anni che esiste la ricostruzione dei pneumatici”. In quanto best practice, la ricostruzione dei pneumatici offre non solo vantaggi economici per l’utilizzatore ma anche enormi benefici ambientali, in quanto risparmia oltre il 70% delle materie prime necessarie alla costruzione di un pneumatico, e al tempo stesso riduce in modo determinante anche la produzione di rifiuti. “C’è però da fare un distinguo – ha detto il presidente AIRP – perché non tutti i pneumatici sono adatti a essere ricostruiti. Se prendiamo un penumatico low cost, vediamo che giunto alla fine del suo primo ciclo di vita quasi sicuramente risulterà impossibile ricostruirlo. Al contrario, un pneumatico premium dopo l’usura del battistrada originario nella maggior parte dei casi risulta adatto a essere ricostruito per affrontare un altro ciclo di utilizzo (e a volte anche altri due). Ecco allora che entra in gioco il concetto di ecodesign, o progettazione durevole del prodotto: il pneumatico deve essere progettato a monte con l’obiettivo di poter avere più vite.” Per Carloni, questo significa che i produttori si trovano oggi di fronte a una sfida tecnologica altamente impegnativa, “perché in un certo senso significa darsi l’obiettivo di immettere sul mercato meno pneumatici nuovi, ma più performanti, più duraturi. Alcuni produttori stanno rispondendo in modo adeguato a questo mutato quadro, ponendosi in un sistema produttivo più evoluto, in altri casi questo passaggio è lento, in altri casi ancora questo processo è inesistente.”

 

Vergani (Michelin): progettare le tre vite del pneumatico

Cosa significa dunque ecodesign applicato all’industria dei pneumatici? Ne ha parlato Silvia Vergani, Marketing Manager B2B Italia Michelin: “Noi di Michelin possiamo portare tre esempi, il primo riguarda il perseguimento di quello che noi chiamiamo il modello multivite, come facciamo per esempio con i pneumatici autocarro; multivite significa che la prima vita è quella che il pneumatico vive da nuovo, la seconda quando lo riscolpiamo, la terza vita con la ricostruzione. Affinché un pneumatico possa garantire più vite è necessario progettarlo avendo già questa visione, quindi i nostri ingegneri, i nostri chimici e tecnici, nel momento in cui studiano il pneumatico e progettano la carcassa, tengono conto del fatto che essa dovrà percorrere tanti chilometri come pneumatico nuovo e altrettanti come pneumatico ricostruito. Sempre in fase di progettazione si studia il pneumatico cercando di ridurne il peso; la tecnologia ci permette di avere le stesse performance usando meno materia prima rispetto al passato, riducendo così il peso del pneumatico e di conseguenza consumando meno energia durante il rotolamento, il tutto a favore della sostenibilità. Il primo esempio di ecodesign quindi riguarda la fase di progettazione. Ecodesign è però anche in fase di produzione, perché si ragiona in logica di sostenibilità anche negli impianti produttivi, cercando di ridurne il footprint, adottando processi produttivi finalizzati a consumare meno energia, meno acqua, e con minore produzione di rifiuti. Michelin dal 2005 al 2020 ha lavorato in questo senso e ha dimezzato il footprint ambientale dei propri stabilimenti.” Un terzo esempio di ecodesign, per Silvia Vergani, si trova nel fattore economico, perché i prodotti virtuosi dal punto di vista ambientale devono essere anche economicamente vantaggiosi per l’acquirente: “comprando un pneumatico nuovo ricostruibile, e facendolo ricostruire, posso percorrere più chilometri, ne ho tanti da nuovo e altrettanti da ricostruito, in questo modo il costo unitario per chilometro percorso sarà inferiore rispetto all’uso del solo pneumatico nuovo.”

 

Capurso (Marangoni): Anche la ricostruzione è in continua evoluzione

Delle innovazioni che continuamente investono anche il settore della ricostruzione ha parlato in dettaglio Francesco Capurso, Sales Manager Trucks Tires Europe Marangoni: “Oggi i pneumatici ricostruiti vantano resa chilometrica e prestazioni del tutto comparabili a quelle dei pneumatici nuovi di qualità premium: l’evoluzione delle tecnologie nella ricostruzione, sia a caldo che a freddo, garantisce infatti al pneumatico ricostruito affidabilità, durata e prestazioni pari a quelle dei pneumatici nuovi. Altro aspetto fondamentale per una ricostruzione di qualità è il processo: nel tempo si sono raggiunti traguardi notevoli, sia in termini di efficienza ed efficacia dei macchinari sia per le tecnologie di ricostruzione, altamente avanzate per automazione e precisione in ogni fase. Per una ricostruzione di qualità sono di primaria importanza anche i materiali utilizzati: le mescole impiegate per la ricostruzione sono analoghe a quelle dei migliori pneumatici nuovi premium, e vengono specificamente formulate per il tipo di applicazione a cui il pneumatico sarà destinato. Diverse tipologie di veicoli, differenti condizioni stradali e ambientali, si traducono in differenti esigenze e quindi in differenti tipologie di pneumatico. non solo per il disegno del battistrada ma anche per la formulazione della mescola. La ricerca di mescole specifiche è una attività in costante evoluzione, finalizzata all’incremento della qualità del prodotto, allo sviluppo di pneumatici estremamente specialistici, rivolta anche a seguire l’evoluzione tecnica dei mezzi. L’impiego di speciali mescole comporta diversi vantaggi quali: migliore elasticità alle basse temperature per massimizzare l’uso invernale, ridotta resistenza al rotolamento per diminuire il consumo di carburante, maggiore durata della gomma del battistrada in condizioni di elevata abrasione sia in uso su strada”. Dunque, ha concluso Capurso, come per la tecnologia dei pneumatici nuovi, anche la ricostruzione continua ad evolversi mettendo a punto mescole per battistrada più performanti, più efficienti in termini di consumo di carburante e più resistenti all’usura.

 

Prosdocimi (Goodyear): pneumatici e veicoli uniti nella corsa verso le nuove motorizzazioni

In uno scenario di forte evoluzione anche per quanto riguarda il veicolo, Marco Prosdocimi, Retail Director Goodyear Tyre & Rubber Company, ha approfondito il rapporto di sinergia che esiste fra i pneumatici e le vetture di nuova generazione: “Stiamo vivendo la transazione dal classico motore termico alle motorizzazioni elettriche ed ibride, e in questo contesto il pneumatico svolge un ruolo importante per superare diversi ostacoli. Prima di tutto– spiega Prosdocimi – il chilometraggio: oggi i costruttori di auto elettriche stanno puntando a chilometraggi sempre più vicini a quelli del motore a combustione, e qui il pneumatico fa veramente la differenza; stiamo investendo da diversi anni in ricerca e sviluppo per far sì che il pneumatico dia una resistenza al rotolamento più bassa possibile per far sì che la vettura possa raggiungere un chilometraggio in linea con le aspettative del cliente. Questo richiede forti investimenti per migliorare la leggerezza del pneumatico, la costruzione dei fianchi e le mescole. Un altro punto importante è la silenziosità: sulle vetture elettriche il rotolamento del pneumatico si avverte in modo importante, e lo sviluppo di particolari schiume all’interno della carcassa permette di ridurre l’emissione sonora. Le vetture elettriche poi impongono una particolare sfida dal punto di vista produttivo perché la vettura elettrica presenta un peso specifico maggiore per via del pacco batterie, e il motore si comporta in maniera completamente diversa, con una coppia importante e una diversa spinta del veicolo, per cui il pneumatico è portato a uno stress maggiore, quindi ciò che viene richiesto al produttore di pneumatici è di riuscire a sopportare un peso maggiore e far sì che il consumo del prodotto sia il linea con quanto avviene con le motorizzazioni tradizionali. Oggi una vettura elettrica può far sì che il pneumatico si consumi il 30% in più rispetto alle vetture normali.” Per questi motivi, la sfida per i produttori di pneumatici è legata strettamente alla sfida dei costruttori di automobili, e anche Goodyear sta investendo in modo importante nelle partnership a livello tecnico per raggiungere un reale abbinamento del prodotto pneumatico rispetto al veicolo, raggiungendo prestazioni equivalenti a quelle delle vetture tradizionali.

Moncada (Continental): la sensoristica è alla base della mobilità sostenibile

In una mobilità del futuro basata su connettività e information technology, la sensoristica diventa il fondamento stesso della sostenibilità, e questo vale anche nel campo dei pneumatici, come ha spiegato Enrico Moncada, Sales Director Continental Italia: “Nel pneumatico si stanno sviluppando sistemi per rendere il pneumatico parlante, capace di parlare con tutto il mezzo, comunicando dati come temperatura, pressione, profondità del battistrada, e altre informazioni. Possiamo vedere casi molto concreti di come il pneumatico sia funzionale alla sostenibilità da tre punti di vista: economico, ambientale e di sicurezza. Un pneumatico infatti oggi riesce per esempio a monitorare e comunicare la propria pressione, e se guardiamo al mondo dei trasporti vediamo che se un pneumatico viaggia con una pressione inferiore di 0,6 bar la sua durata si riduce del 45%: questo ha un impatto non solo economico per la flotta che deve cambiare molto più spesso i pneumatici, ma anche di carattere ambientale perché comporta più consumo di materie prime, più emissioni di CO2, e soprattutto di carburante: da test effettuati emerge che un mezzo che percorre sempre lo stesso percorso con lo stesso guidatore, ha mediamente un risparmio di 950 litri di carburante ogni 100.000 km se viene correttamente gestita la pressione di gonfiaggio. Se lo convertiamo questi dati in euro vediamo quale sia l’impatto. Inoltre, in un pneumatico sottogonfiato la temperatura può arrivare fino a 150 gradi, tecnicamente questo significa che si compromette la struttura del pneumatico, con rischi di fermo macchina e rischi di incidenti, a danno quindi della sicurezza stradale. Questi tre esempi sono esempi pratici e numerici di come il sensore che comunica al mezzo la propria temperatura, la propria pressione, può portare benefici notevoli in termini di sostenibilità: economica, ambientale e di sicurezza. Se poi amplifichiamo questo discorso a tutto il mondo della sensoristica esistente su un mezzo, è chiaro che questo mondo è la chiave per un vero futuro sostenibile.”