Raccolta Pfu, i consorzi associati ad Assogomma scrivono al ministero dell’Ambiente

Migliorare la raccolta dei Pfu rendendo il sistema più efficiente così da risolvere le criticità che oggi inceppano il meccanismo e creano disagi lungo tutta la filiera. È su queste basi che Assogomma ha scritto una lettera al ministero dell’Ambiente per conto dei consorzi a essa associati: Ecopneus, Ecotyre, Gruppo Innovando e Tyre Cobat. Il suggerimento dei 4 consorzi è prevedere una quota aggiuntiva di raccolta per l’anno 2024, controlli su tutti gli attori della filiera e un censimento dei rivenditori che lamentano mancati ritiri. Ne abbiamo parlato con Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma.

Direttore quali sono i problemi che vi hanno spinto a inviare una lettera al ministero dell’Ambiente?
“Esiste una criticità nel mercato dei pneumatici. Molti rivenditori segnalano l’accumulo di Pfu e la mancanza di ritiro degli stessi da parte dei vari consorzi. Questa situazione è dovuta a una serie di cause, tra cui anche la difficoltà di sapere quanti sono i rivenditori che si trovano in questa situazione, quante sono le quantità di Pfu non raccolte, dove si trovano, ecc. Per trovare una soluzione al problema Ecopneus, Ecotyre, Gruppo Innovando e Tyre Cobat hanno deciso di scrivere una lettera al ministero in cui propongono alcuni provvedimenti da adottare urgentemente per rendere il sistema più efficiente”.

Di cosa si tratta?
“Il primo punto evidenziato dalle 4 realtà nella lettera è la disponibilità a raccogliere una quota aggiuntiva rispetto a quanto previsto dal decreto Dm 182. Nello specifico si suggerisce di raccogliere 40mila tonnellate in più all’anno, cioè un 10% in più di quello che è stato raccolto nel 2023 (400mila tonnellate) da tutti i consorzi. Questa quota aggiuntiva dovrebbe poi essere ripartita, a cura del ministero, obbligatoriamente e proporzionalmente tra tutti i vari soggetti consortili. Quindi se un consorzio rappresenta il 10% della quantità totale immessa in un anno dovrà ritirare 4.000 tonnellate in più. Questo ovviamente comporterà un incremento dei costi e un conseguente aumento del contributo ambientale. Non è certo una misura gradita alle nostre imprese associate, siano esse consorzi o produttori di pneumatici che rispettano le norme di legge, ma purtroppo è necessaria per ridurre la tensione”.

Questo presuppone però che ci siano dei controlli affinché tutto proceda regolarmente
“Infatti, il tema del controllo è il secondo punto della richiesta. Per riuscire a migliorare il sistema di raccolta e gestione serve che il ministero, qualora non lo avesse già fatto, proceda con dei controlli mirati a partire dai sistemi consortili e poi lungo tutta la filiera in modo da individuare le eventuali irregolarità e agire conseguentemente. Va comunque sottolineato che la filiera dei pneumatici è tra le più virtuose in tema di rifiuti. Noi raccogliamo più di quello che è stato ufficialmente immesso. Evidentemente i conti non tornano. Ci sono casi in cui si fa fatica a individuare e contattare i soggetti autorizzati alla raccolta. Eppure tutti dovrebbero essere raggiungibili tramite un sito, e-mail o numero di telefono. Ma non sempre è così, e questo genera storture. Bisogna verificare che tutti agiscano in maniera corretta nessuno escluso”.

Il problema degli accumuli di Pfu non ritirati, inoltre, si verifica a macchia di leopardo
“Sì, infatti è necessario avviare contemporaneamente a quanto detto fino a ora anche un’attività di censimento di quelli che sono i reclami dei rivenditori che lamentano da tempo la presenza di Pfu non raccolti sui loro piazzali. Un’indagine puntuale consentirebbe di capire quanti sono i soggetti interessati e dove si trovano e soprattutto quali le quantità da ritirare. Questi dati permetterebbero alle associazioni di rappresentanza come Assogomma, Federpneus, CNA, Confartigianato, ecc di analizzare il fenomeno insieme al Ministero trovando soluzioni sempre più mirate per risolvere il problema”.

Il DM 182 prevede l’istituzione di un Registro nazionale dei soggetti obbligati che doveva essere creato già da anni. Ci sono novità?
“Innanzitutto il Ministero ha creato da un anno la BIP (Banca Informazioni Pneumatici) dove sono riportati i soggetti obbligati ed i loro rappresentati. Quindi chi acquista pneumatici può consultare questa banca dati pubblica sul sito del MASE e verificare che il suo fornitore sia tra i soggetti abilitati. Questa BIP dovrebbe avere una sua evoluzione con la creazione del Registro Nazionale dei soggetti obbligati che ci auguriamo possa essere definito in tempi rapidi. Così facendo si potranno effettuare acquisti informati evitando di partecipare inconsapevolmente ad operazioni illecite o addirittura a truffe”.

Queste proposte sono pensate per affrontare la situazione nell’immediato, però per migliorare il sistema avete proposto di modificare il Dm 182. Su quali aspetti ritenete si debba intervenire prioritariamente?
“Oggi la soglia per le Forme Associate ed i Sistemi Individuali di gestione è fissata per decreto al almeno 200 tonnellate all’anno. Al tempo stesso il decreto prevede che ogni soggetto autorizzato garantisca una raccolta continuativa e capillare su tutto il territorio nazionale. Le due prescrizioni sono in contraddizione tra loro. Le faccio un esempio: le province italiane sono 110, un camion pieno di Pfu mediamente pesa 3 tonnellate, quindi per fare un ritiro all’anno in ogni provincia d’Italia si ritirano 330 tonnellate, non 200. Quindi se la soglia è 200 vuol dire che un terzo delle province non viene servita. Quindi occorre innalzare le quantità annue a 10 mila tonnellate per avere mediamente almeno un paio di ritiri al mese per provincia. Ma non basta. A ciò dovrebbe aggiungersi una rimodulazione del criterio delle macroaree di raccolta. Il decreto dice che ogni consorzio deve ritirare i pneumatici in base a una tabella che prevede percentuali divise per macroaree. Per esempio, la macroarea A1 è composta da 3 regioni: Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Il decreto stabilisce che rispetto a quanto un consorzio ha immesso in un anno, l’11% deve essere raccolto nella zona A1. Ciò che il decreto non dice chiaramente è quanto devo raccogliere per ogni regione e questo induce a concentrare i prelievi nelle zone più comode, magari in una sola regione, con le evidenti difficoltà per le altre zone non servite. Noi chiediamo che invece venga indicata la percentuale per ogni regione con le opportune tolleranze. In questo modo il sistema sarà obbligato a raggiungere tutti i paesi anche quelli più scomodi”.