Autotrasporto tra pandemia e necessità di rilancio strutturale

Emergenza Covid, ma anche energia e ambiente, innovazione e lavoro. Sono tantissimi i temi caldi in questo delicatissimo periodo per il settore dell’autotrasporto e per tutta la società e l’economia nazionale. Partiamo dal Covid, rispetto al quale due sono i temi decisivi per il settore: da una parte la futura, delicatissima questione della massiccia distribuzione del vaccino anti-covid e quindi del necessario funzionamento della catena logistica del freddo. Dall’altra quella delle condizioni di lavoro degli autotrasportatori alle prese con le restrizioni imposte dai provvedimenti di prevenzione della diffusione della pandemia.

Sul fattore vaccini, le associazioni di categoria hanno chiesto un confronto con il Governo per dare modo agli esperti della logistica e dei trasporti di offrire un contributo professionale per l’organizzazione del trasferimento dei farmaci nelle diverse fasi della distribuzione, da quella “macro” a quella più capillare nelle farmacie. Secondo gli operatori del settore mancano infatti ancora indicazioni su come sarà affrontato il nodo delle basse temperature.

Problema che è stato ammesso anche dallo stesso presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Franco Locatelli, il quale ha affermato che comunque il ministero non è impreparato su questi aspetti della logistica.

Ma l’autotrasporto chiede un confronto con chi tutti i giorni opera in questo settore e spiega che, in Italia, oggi nessun aeroporto può gestire prodotti a -75°, si rende quindi necessario attrezzarsi con mezzi su gomma idonei a quelle temperature sia per i lunghi tragitti, sia, nella fase successiva, per l’ultimo miglio, cioè per la consegna a destinazione: a oggi la stragrande maggioranza dei Tir presenti in Italia non arriva al di sotto dei -25 gradi di temperatura.

Una soluzione sicuramente ci sarà. Ma è necessario trovarla tutti insieme, e che le imprese di logistica e trasporto specializzate nella catena del freddo vengano coinvolte prestissimo. I rappresentanti degli autotrasportatori suggeriscono di prevedere centri logistici di stoccaggio e distribuzione dove la qualità e la sicurezza siano gli elementi sui quali garantire l’effettuazione delle operazioni per evitare che vi siano passaggi tra soggetti non qualificati. Vanno invece individuati, attraverso un protocollo vincolante, i comportamenti ai quali attenersi. Il sistema delle grandi e medie imprese di logistica, marittima, e stradale, è pronto ad assicurare tutta la collaborazione necessaria.

L’altro tema decisivo indicato in apertura in area Covid riguarda la fruizione dei servizi su strada da parte dei camionisti. A metà novembre è uscita un’ordinanza apposita da parte del ministero per dare una risposta alle esigenze di ristoro agli autotrasportatori, firmata dalla ministra dei Trasporti De Micheli e dal ministro della Salute, Speranza. Ma questo provvedimento, a giudizio in particolare di Conftrasporto, non risolve il problema dell’accesso ai servizi igienici lungo le strade statali e provinciali.

“Se da un lato il provvedimento consente l’apertura dei punti di ristoro anche nei porti e negli interporti, come avevamo chiesto, dall’altro non scioglie il nodo del disagio degli autotrasportatori che si trovano a viaggiare lungo le strade secondarie”, ha spiegato il vicepresidente di Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggè.   “L’urgenza di dare una prima risposta - afferma lo stesso Uggè - era emersa nel corso dell’audizione che la Fai/Conftrasporto aveva richiesto, e ottenuto, dalla presidente della Commissione Trasporti della Camera, l’onorevole Raffaella Paita, che ringraziamo per l’interessamento. Il problema che ponevamo però, in buona sostanza, rimane. Per dare un’idea, se con il mio camion percorro la Bari-Matera, la Pontina, la Pedemontana Veneta o la Lecco-Bormio dove non si trovano i luoghi indicati dalla circolare e ho un bisogno fisiologico non ha un posto dove fermarsi”.

“La nostra richiesta tendeva a una soluzione concreta per rendere più civile e dignitosa la condizione di uomini e donne che si muovono per lavoro, a tutte le ore del giorno e della notte, lungo strade del nostro Paese. La Francia l’ha fatto, mentre da noi, per lavarsi le mani o espletare un bisogno gli autisti e le autiste sono costretti a entrare in autostrada o a mettersi in coda all’ingresso dei porti e degli interporti”, ha concluso il vicepresidente di Conftrasporto.

Ma come accennato in apertura anche energia e ambiente, innovazione, lavoro sono tematiche decisive per l’autotrasporto, come è emerso anche dalla recente assemblea dell’Anita, durante la quale sono state elaborate alcune proposte per lo sviluppo dell’autotrasporto e della logistica durante e dopo la pandemia di Covid-19, che poi hanno trovato piena rispondenza nelle intenzioni programmatiche delle altre associazioni di categoria del settore.

Una delle principali proposte è quella di rimuovere le limitazioni di accesso ai finanziamenti in chiave 4.0 per le imprese che, da codice Ateco, svolgono in via primaria il trasporto su strada e non solo l’attività logistica, per avviare la trasformazione digitale dei processi operativi e raggiungere una maturità digitale. Il tutto insieme alla necessità di individuare azioni e correttivi tali da rendere ancora più efficiente l’intero sistema logistico nazionale.

Secondo gli operatori del settore è anche necessaria la diffusione dei documenti in formato digitale, a partire dalla lettera di vettura elettronica nel trasporto stradale, per semplificare i flussi di informazioni tra i diversi attori della filiera logistica, rendendoli più sicuri, veloci ed economici: Italia e Portogallo sono gli unici a non aver ancora attivato nessuna sperimentazione.

Da rilanciare anche il Progetto 18, ovvero autoarticolati con lunghezza fino a 18 metri; Ems, European Modular System, combinazione modulare fino a 25,25 metri di lunghezza totale e fino a 50/60 tonnellate totali. Grandi i vantaggi di tali soluzioni di trasporto: minore impatto ambientale e infrastrutturale, consumi di carburante inferiori del 15%, riduzione del numero dei viaggi, minori costi per trasporti ferrovia-strada, ottimizzazione dei carichi. Da valutare anche la sperimentazione della guida autonoma per i mezzi pesanti.

Anche in area energia e ambiente sono molti gli interventi che si potrebbero realizzare per il settore, partendo dal promuovere gli investimenti green per il rinnovo delle flotte e per l’efficientamento energetico dei mezzi di trasporto, del patrimonio immobiliare, nella produzione e autoconsumo di energia pulita da fonti rinnovabili. Da disincentivare, invece, l’utilizzo di veicoli di vecchia generazione, magari non riconoscendo loro sconti sui pedaggi autostradali.

Da sostenere poi lo sviluppo della mobilità a idrogeno green agendo magari sulla ricerca e la produzione, le infrastrutture di approvvigionamento e distribuzione e dedicando particolare attenzione alla localizzazione delle stazioni di rifornimento in prossimità dei grandi nodi autostradali, con un’offerta valida di veicoli sul mercato a seguito della domanda e utilizzo degli autotrasportatori.

Nel trasporto pesante di merci uno spazio importante sarà l’elettrico puro per le brevi distanze e l’ambito urbano e l’idrogeno con fuel cell per il lungo raggio. Nella fase di transizione il bio-Gnl e i biocarburanti avanzati avranno un ruolo fondamentale e andranno promossi, per esempio riconoscendo un rimborso maggiore dei pedaggi autostradali per i veicoli che li utilizzano.

Da promuovere poi il trasferimento modale, strada-mare e strada-ferrovia ma occorre investire in nuovi terminal ferroviari per il trasbordo dei mezzi stradali e cambiare il meccanismo di attribuzione delle risorse pubbliche a valere su marebonus e ferrobonus: i contributi vanno erogati direttamente alle imprese di autotrasporto che fanno la scelta modale.

Importante anche la tematica del lavoro, con uno spunto di grande rilevanza anche sociale, come la proposta di inserire nel Decreto Flussi una quota di ingressi dedicata al settore dell’autotrasporto merci per conto terzi, per consentire ai lavoratori non comunitari di essere impiegati come conducenti professionali di mezzi pesanti da imprese italiane.

Ciò tamponerebbe la cronica carenza di autisti nel nostro Paese. Appare ovviamente da ridurre il cuneo fiscale e contributivo per la sostenibilità sociale e da alleviare le pressioni concorrenziali dei Paesi comunitari, introducendo flessibilità lavorativa per consentire di recuperare competitività alle imprese italiane.