“Vulcanizzazione” una semplice parola dietro la quale si sono evoluti processi produttivi e la nascita della moderna industria dei manufatti in gomma. Il processo di vulcanizzazione avviene in condizioni di temperatura (almeno 130°C) e pressione controllate strettamente in speciali forni. Questo processo migliora nettamente le proprietà meccaniche e fisiche del manufatto grazie a reazioni chimiche che creano dei “ponti” di zolfo fra le catene polimeriche del materiale grezzo. Gli elastomeri del materiale hanno la forma di lunghe catene polimeriche intrecciate e i legami creati dallo zolfo vincolano queste catene in una specie di rete: non a caso questo processo si chiama reticolazione. Questi legami vincolano gli elastomeri della gomma: anche se si muovono grazie alla loro parte elastica essi sono poi “costretti” a tornare nella posizione originaria, descrivendo il comportamento di un materiale elastico e tenace nello stesso tempo, con significative proprietà di resistenza all’ossidazione e alle condizioni meteorologiche. È da molto tempo che nel processo della vulcanizzazione non si usa solo lo zolfo: esso è infatti affiancato da additivi di molti tipi quali plasticizzanti, antiossidanti, acceleratori e attivatori. Si tratta di sostanze a volte chimicamente aggressive, ma i risultati di uno studio, condotto da Ali Ansarifar, Kornkanok Noulta, George Weaver e Upul Wijayantha della Loughborough University (Regno Unito), si propone di ridurre l’impiego di prodotti chimici e il loro costo.
Un mix non tanto innocuo
I ricercatori portano l’esempio dei componenti per la polimerizzazione del composto della sigillatura delle facciate (Cws), che contiene 5 phr (parts per hundred rubber) di ossido di zinco ZnO, 1 phr di acido stearico, 2,75 phr di acceleranti e 1 phr di zolfo. Queste sostanze chimiche vengono aggiunte in varie fasi della miscelazione e devono disperdersi in maniera uniforme per produrre una reticolazione efficace e omogenea nella gomma. L’uso eccessivo di queste sostanze chimiche non solo è costoso e dannoso per l’ambiente ma rende anche difficile una miscelazione omogenea. Se questo non avviene in maniera completa questi additivi possono riagglomerarsi all’interno del manufatto e migrare verso la superficie, cosa che è molto dannosa per la qualità del prodotto finale. L’oggetto dello studio è stato l’ossido di zinco, trattato con un acceleratore sulfenammidico in un solvente organico per produrre una polvere che è stata usata insieme allo zolfo per vulcanizzare una gomma a base di monomero etilene-propilene-diene (Epdm). Le mescole di gomma sono state testate a temperatura elevata per determinare lo scorch time ts2 (il tempo nel quale inizia la vulcanizzazione della mescola), il tempo di indurimento ottimale t95, la velocità di indurimento e le coppie minima e massima. Queste ultime 2 quantità indicano la coppia applicata nel mescolatore e sono un indice della lavorabilità della mescola: ML è quella rilevata all’inizio del processo mentre MH si riferisce alla vulcanizzazione completa.
Una preparazione meticolosa
I componenti usati nella sperimentazione sono reperibili presso vari fornitori: la gomma grezza utilizzata Epdm era Keltan 6951C di Lanxess, il filler rinforzante Mercap 100, a base di caolino, è stato fornito da Imerys Ceramics ed è caratterizzato da un pretrattamento per ridurne la polarità (che potrebbe portare ad agglomerazione) e impedire che assorba umidità; la granulazione molto fine porta a un’area superficiale di 25m²/g. Lo zolfo era prodotto da Solvay mentre un acceleratore, Santocure Tbbs di Sovereign Chemicals, è stato usato per trattare l’ossido di zinco di Harcros Durham Chemicals in modo da avere un unico componente da utilizzare come additivo. La quantità di Tbbs richiesta per fornire una copertura monomolecolare dell’ossido di zinco è stata determinata essere pari a 35 mg/g in base alle aree superficiali della molecola Tbbs e dello ZnO. Questo valore di partenza, che portava a una polimerizzazione molto lenta, è stato poi aumentato progressivamente fino a 350 mg di Tbbs per rivestire ogni grammo di ossido di Zinco: questo valore ha portato una buona polimerizzazione, paragonabile a quella ottenuta con carichi molto più elevati di Tbbs. Una successiva prova di evaporazione ha dimostrato che la maggior parte del Tbbs era adsorbita sulla superficie di ZnO. Le mescole sono state preparate inserendo nel miscelatore prima la gomma grezza, miscelata per 30 secondi, e successivamente lo zolfo e la “polvere” (il composto di Tbbs e ZnO), proseguendo la miscelazione per altri 8 minuti. Il carico della polvere è stato aumentato progressivamente da 0,75 phr a 7 phr e quello dello zolfo da 1 phr a 4 phr per determinare gli effetti dei vari dosaggi: in totale sono state preparate 36 mescole di gomma e ne sono state misurate le proprietà di polimerizzazione. Si sono perciò misurati i già citati scorch time ts2, il tempo di indurimento ottimale t95, la velocità di indurimento, le coppie minima e massima ML e MH e il Cure Rate Index - CRI – che misura il tasso di vulcanizzazione: un processo troppo prolungato nel tempo può portare a un peggioramento delle proprietà della mescola vulcanizzata.
Per una vulcanizzazione più sostenibile
I risultati dei numerosi test condotti sulle varie formulazioni concordano sul fatto che trattare lo ZnO con un acceleratore a base di sulfenamide in un solvente organico (diclorometano) è un metodo efficiente per ottenere una polimerizzazione ottimale e riducendo l’uso dei curativi chimici. Le prime stime suggeriscono che le sostanze chimiche vengono ridotte di circa il 63% in peso per lo stesso tenore di zolfo in una formulazione Cws. Un altro vantaggio evidente è la capacità dell’utilizzatore delle mescole di conoscere con precisione l’effetto della “polvere” sulle proprietà della mescola per diversi dosaggi dello Zolfo. Dato che i parametri essenziali della vulcanizzazione – scorch time, tempi di polimerizzazione e il CRI - non vengono influenzati dai cambiamenti nel dosaggio della polvere, è possibile avere una polimerizzazione ottimale cambiando la quantità di Zolfo per ottenere i miglior curing della mescola in oggetto. I risultati sperimentali hanno inoltre evidenziato che se il carico di zolfo necessario è superiore a 4 phr, allora le proprietà della polimerizzazione dipendono dal dosaggio della polvere: questo semplifica la selezione degli additivi per la vulcanizzazione le accorcia il ciclo di miscelazione per la produzione delle mescole. Per polimerizzare una gomma Epdm vulcanizzata con zolfo da 1 a 4 phr saranno necessarie da 3,2 a 5,63 phr di polvere per la polimerizzazione ottimale, che avverrà senza aggiunta di acido stearico. Il dosaggio ottimale della polvere dipende linearmente da quello dello Zolfo e quindi la correlazione tra i due può essere utilizzata per determinare l’esatta quantità di polvere (che può sostituire i due acceleratori e i due attivatori usati comunemente) per un dato carico di zolfo. Altri vantaggi includono il già citato 63% in meno di sostanze chimiche, il 53% in meno di ZnO, un design della mescola più semplice, un ambiente di lavoro più sicuro e cicli di miscelazione più brevi grazie al minor numero di sostanze chimiche utilizzate per la miscelazione con la gomma.
Meno costi e meno chimici
Esistono anche importanti implicazioni nei costi quando si usa questa polvere nella vulcanizzazione della gomma. Il prezzo di mercato del TBBS è di circa 2 dollari Usa/kg, l’ossido di zinco è quotato 2,46 dollari USA/kg e l’acido stearico da 0,77 a 0,94 dollari/kg. Il sistema di polimerizzazione in Cws ha 5phr di ZnO, 1phr di acido stearico e 2,75 di acceleranti, per un costo totale di circa 18,57 dollari. Se per esempio la gomma viene polimerizzata con il dosaggio più basso della polvere, che è di 3,2 phr (Tbbs/ZnO: 0,83/2,37), i chimici per la vulcanizzazione costeranno 7,46 dollari, ovvero il 60% in meno senza contare la diminuzione del 63% in peso delle sostanze chimiche e il 53% in meno di ZnO, a tutto vantaggio dell’ambiente. Questa “polvere” è quindi molto conveniente e può sostituire il sistema di polimerizzazione classico anche in altre formulazioni di gomma industriale, con conseguente riduzione sostanziale del ricorso ai polimerizzanti chimici.
Focalizzata sulla riduzione dell’ossido di zinco è anche il progetto europeo Safe-Vulca, finanziato da Eit RawMaterials e guidato dall’Università di Milano-Bicocca. Del consorzio ha come partner di ricerca il Fraunhofer Institute, l’Università Radboud, la Commissione francese per le energie alternative e l’energia atomica e Monolithos Ltd mentre il task partner è Pirelli. L’attivatore allo studio è noto come ZnO-NP@SiO2-NP e prevede nanoparticelle di ZnO ancorate a particelle di silice: esso è quindi un riempitivo che si comporta allo stesso tempo come agente indurente e promette di ridurre la quantità di ossido di Zinco necessario alla vulcanizzazione