Come avevamo anticipato sul numero di ottobre di Pneurama, il Parlamento europeo ha effettivamente approvato il 14 novembre scorso la proposta della Commissione di posticipare di 12 mesi l’applicazione del Regolamento europeo sulla deforestazione EUDR (Reg. 2023/1115). Grazie alla proroga, dunque, i grandi operatori e i commercianti dovranno rispettare gli obblighi di certificazione derivanti da tale regolamento a partire dal 30 dicembre 2025, mentre le microimprese e le piccole imprese avranno tempo fino al 30 giugno 2026. La decisione va quindi contro gli auspici espressi dall’ETRMA, associazione europea dei produttori di pneumatici e gomma, che in più occasioni aveva chiesto di non prorogare il regolamento per evitare di aprire “una nuova fase di incertezza per il settore”, e per tutelare gli investimenti fatti dalle aziende per arrivare a essere compliant con il regolamento alla data di applicazione inizialmente prevista, ovvero al 30 dicembre 2024.
C’è però da dire che, mentre ovviamente le aziende più piccole avranno adesso il tempo per comprendere meglio le procedure e prepararsi ad applicarle, vi è tutta una serie di incertezze che rimangono – e che comunque non sarebbero svanite da sole in assenza di una proroga. Per esempio, fra gli operatori interessati vi sono dubbi sul fatto che le dichiarazioni di dovuta diligenza presentate dai soggetti obbligati verranno poi effettivamente verificate dalle autorità competenti, mentre questo sarebbe un aspetto di fondamentale importanza per dare efficacia al provvedimento. Vi è poi un importante problema economico, perché a oggi, un anno prima che il regolamento entri in vigore, esso ha già comportato un aumento del 20% del costo della gomma naturale, e le previsioni sono di un ulteriore incremento per il futuro: una vera e propria batosta per la competitività delle industrie europee, già duramente colpite dall’inflazione energetica (che invece non ha colpito, come è noto, i paesi asiatici). Non bisogna poi dimenticare che il regolamento pone degli oneri burocratici a carico non solo delle aziende europee che importano, ma anche per i 6 milioni di piccole aziende familiari che producono gomma naturale in Asia e in Africa, e c’è chi teme che gran parte dei volumi di produzione attualmente diretti in Europa possa venire dirottata verso altri mercati meno “impegnativi” per i piccoli produttori. Infine, c’è anche un problema forse di minore entità eppure emblematico di un esito assolutamente paradossale: un regolamento nato per importantissime e condivise finalità ambientali rischia concretamente di affossare il settore che è l’emblema stesso della sostenibilità nel campo dei pneumatici, ovvero la ricostruzione.
Per come è scritto oggi, infatti, il regolamento impone la dichiarazione di dovuta diligenza anche per i pneumatici ricostruiti, e non solo (come è giusto) per il nuova battistrada applicato, ma anche per la carcassa che viene ricostruita: un obbligo che appare non solo inutile, dato che la carcassa evidentemente è già stata immessa sul mercato europeo, ma anche impossibile da ottemperare, dato che una volta che il pneumatico arriva nelle mani dell’utilizzatore il flusso di informazioni viene inevitabilmente interrotto. Il risultato prevedibile è che milioni di carcasse perfettamente ricostruibili verranno spedite in smaltimento per l’impossibilità di applicare il regolamento. Tutto questo per dire che in questi 12 mesi di proroga resta tantissimo lavoro da fare per tutelare le aziende europee della gomma: speriamo davvero che non trascorrano invano!
Un anno da impiegare con saggezza
Guido Gambassi 07 marzo 2025

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