Il mondo sta attraversando anni difficili che stanno cambiando paradigmi che sembravano consolidati, quali una catena delle forniture affidabile e un commercio globale che non prevedeva sanzioni verso grandi paesi. La disruption della pandemia, le difficoltà delle materie prime e le sanzioni ed embarghi e sanzione connessi al conflitto ucraino stanno causando impedimenti anche al settore della gomma e dei suoi prodotti. La situazione è molto variegata e vede anche qualche segno di distensione. Si nota per esempio una riduzione delle difficoltà nella logistica quali gli alti prezzi di spedizione, l’accesso ai porti, il trattamento dei carichi e la velocità di consegna, tutti fattori che stanno permettendo alla catena di approvvigionamento di muoversi più liberamente.
Materie prime in chiaroscuro
La società di intermediazione indiana Motilal Oswal ha registrato il fatto che dopo un impetuoso aumento dei prezzi durato circa un anno e mezzo, l’industria dei pneumatici sta assistendo a una moderazione nelle quotazioni della gomma naturale e dei prezzi del greggio, una cosa che fa ben sperare per un recupero dei margini nel secondo semestre del 2023. La gomma sintetica è invece più legata ai prezzi del petrolio e quindi, nonostante i prezzi del greggio siano scesi di nuovo negli ultimi mesi, il rischio di rialzi nei prezzi di questa importantissima materia prima continuerà fino al termine della guerra. Anche materiali quali il Nylon dei tessuti di rinforzo risentono delle quotazioni del petrolio: Pneurama sta dando comunque conto degli sforzi che si stanno compiendo per trovare fonti alternative per questo materiale, ricavandolo per esempio da scarti di altre lavorazioni, e lo stesso sta accadendo per il nerofumo. L’attacco russo all’Ucraina ha infatti messo in difficoltà i produttori dei pneumatici perché diversi materiali utilizzati nella produzione, compreso il nerofumo, hanno registrato scarsità in quanto molta parte della loro produzione europea (il 54%) è in Russia, Bielorussia e Ucraina.
Sanzioni e chiusure
Secondo la società di ricerche di mercato Apple Rubber, la Russia esportava ogni anno più di 700.000 tonnellate di nerofumo nel mercato globale della gomma. Diverse aziende del settore chimico che producono nerofumo, Dow e Chemours, Cabot e altre, si sono coalizzate per escludere la Russia sia dall’importazione sia dall’esportazione. In ogni caso occorrerà trovare un ‘new normal’ per diversificare le forniture. Secondo un report di Chemanalyst del 2022 “Il mercato europeo del nerofumo è in acque turbolente a seguito della ‘frattura’ geopolitica tra Europa e Russia causata dalla crisi ucraina. La Russia era il principale esportatore di nerofumo in Europa ma, dopo le sanzioni e lo stop al commercio di diverse merci dall’Occidente alla Russia, i fondamentali dell’offerta di nerofumo si sono notevolmente deteriorati”. Le diversificazioni messe in atto, insieme a un certo rallentamento della domanda del settore automotive, hanno fortunatamente interrotto la tendenza al rialzo delle quotazioni del nerofumo.
L’esigenza di recuperare materie prime
Queste criticità, che non sembrano destinate a rientrare nel breve termine e che potrebbero addirittura diventare una nuova normalità. Uno scenario che dà un’ulteriore valenza alle istanze di recupero dei materiali secondo i dettami dell’economia circolare. In effetti la European Tires & Rubber Manufacturers’ Association (ETRMA) lancia l’allarme sulle quote di importazioni dalla Russia, incluse in un pacchetto di sanzioni per nerofumo e gomma sintetica, i cui limiti potrebbero indurre tensioni nei prezzi se l’automotive dovesse manifestare segni di ripresa. Un esempio dell’interesse per il recupero dei materiali è nell’annuncio del 29 marzo 2023 di una joint venture, sostenuta da Michelin, fra Enviro e Antin. La prima conferirà le sue tecnologie per l’estrazione di nerofumo e olio di pirolisi dai pneumatici fuori uso che verranno combinate con l’esperienza di Antin nello sviluppo e nella scalabilità delle piattaforme infrastrutturali. Il tutto per dare impulso allo sviluppo industriale del riciclo dei pneumatici, per il quale la JV ha un accordo pluriennale con Michelin, alla quale saranno forniti nerofumo recuperato e olio ricavato dalla pirolisi dai pneumatici (TPO). L’investimento iniziale nella JV sarà finanziato dalla piattaforma Nextgen di Antin, che sarà il socio di maggioranza; la partecipazione di Enviro nella joint venture corrisponderà a circa il 30%. Il primo impianto commerciale sarà a Uddevalla, in Svezia, e riciclerà 34.500 tonnellate di pneumatici/anno, pari al 40% del totale dei pneumatici fuori uso in Svezia. La costruzione dell’impianto dovrebbe iniziare entro il primo semestre del 2023 con la piena operatività entro il 2025. Dopo la messa in servizio di Uddevalla, inizierà il roll-out europeo con l’obiettivo di una capacità di riciclaggio di un milione di tonnellate di pneumatici fuori uso entro il 2030, che corrisponde a circa un terzo di tutto il tonnellaggio che si smaltisce in Europa ogni anno.
Un comparto che deve essere resiliente
A un quadro internazionale che continua a essere complicato si registrano sanzioni in risposta alla guerra del regime di Putin contro l’Ucraina. Le notizie si rincorrono veloci ma una in particolare è assunta recentemente agli onori delle cronache: la Commissione governativa russa per il monitoraggio degli investimenti esteri ha approvato l’acquisto da parte di Tatneft delle attività di Nokian Tyres. La transazione si è concretizzata a fine marzo e, secondo l’agenzia stampa Tass, le attività commerciali in Russia della società, iniziate nel 2005, hanno rappresentato circa il 20% delle vendite di Nokian Tyres. Dello stesso tenore la notizia che riguarda Continental, che sarebbe vicina al vendere a S8 Capital le sue attività russe compreso il suo impianto produttivo a Kaluga. Anche Michelin potrebbe vendere le sue attività russe, che includono il suo stabilimento di Davydovo a Power International Tires anche se la produzione non potrà riprendere prima di diversi mesi perché occorrerà ricostruire le catene di approvvigionamento. Bridgestone ha poi avviato il processo per trovare un acquirente domestico per le sue attività russe alla luce “dell’incertezza generale e dei problemi di fornitura in corso”. L’azienda ha uno stabilimento a Ulyanovsk, dichiarato essere come uno dei suoi “più avanzati al mondo” e produce pneumatici da 13 a 19 pollici per auto, crossover e SUV, fornendo anche il primo impianto; il volume d’affari di queste attività è pari a meno del 2% dei ricavi totali del gruppo. Questi processi sono lunghi e sicuramente si traducono in perdite per le società coinvolte ma l’industria dei pneumatici si trova a fronteggiare anche gli effetti delle sanzioni contro la Russia, in continua evoluzione, che non riguardano soltanto le materie prime. Si registrano infatti restrizioni all’importazione dalla Russia di acceleratori della vulcanizzazione, plastificanti, antiossidanti e stabilizzanti. Sono citati anche l’importazione di “macchine per la lavorazione della gomma o della plastica o per la fabbricazione di prodotti da questi materiali” di fabbricazione russa, nonché stampi utilizzati per la lavorazione della gomma. Nell’elenco ci sono anche i bead wire, ossia i fili metallici di rinforzo del tallone perché dal 30 settembre 2023 sarà vietato importare o acquistare direttamente/indirettamente prodotti siderurgici anche se lavorati in un paese terzo, che includano prodotti siderurgici fatti in Russia. Il quadro è quindi molto composito: se le sanzioni sono aggirabili almeno in parte con ‘triangolazioni’ attraverso Paesi che non ne sono colpiti, le aziende si stanno spesso muovendo in anticipo per escludere, dalle attività e dagli approvvigionamenti, gli stati considerati instabili e poco affidabili. Ecco quindi che le azioni in direzione di una maggior circolarità e sostenibilità si valorizzano ulteriormente perché viste come un ulteriore fattore di resilienza verso una situazione che rimarrà instabile non si sa per quanto.
Tensioni geopolitiche e sanzioni, quali conseguenze per l’industria dei pneumatici?
Nicodemo Angì 28 aprile 2023
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