Recovered Carbon Black, la sfida della sostenibilità

Carbon Black (CB) o nerofumo, le parole sono diverse ma il materiale in questione rimane lo stesso: si tratta di un prodotto multiforme che trova impiego in manufatti in plastica, negli inchiostri, vernici e negli articoli in gomma, con particolare riferimento ai pneumatici, che assorbono la maggior parte della sua produzione globale. La difficoltà di recuperare il CB utilizzato nei manufatti in gomma nasce proprio dalla problematicità del riciclo della gomma stessa e questo ha portato a pensarlo come prodotto monouso. La necessità di ridurre l’impatto ambientale dell’industria dei prodotti in gomma ha però portato a un maggiore impegno negli studi riguardo la possibilità di recuperare il Carbon Black dai manufatti in gomma a fine vita. In questo articolo riporteremo i risultati di uno studio, finanziato dal laboratorio di ricerca Artis, e le conclusioni di una sperimentazione congiunta di Michelin e Bridgestone, ricerche finalizzate alla misurazione delle proprietà del recovered Carbon Black (rCB) e alla necessità di definire degli standard per la caratterizzazione di questo materiale.
Come si comporta l’rCB?
Dato che l’industria della gomma rivolge la sua attenzione alla sostenibilità, il nerofumo recuperato (rCB) è emerso come candidato per sostituire i tradizionali riempitivi a base fossile. In effetti la produzione del Carbon Black avviene con la combustione incompleta di grassi e oli vegetali così come da quella di prodotti petroliferi quali il catrame da carbon fossile o quello ottenuto dal cracking dell’etilene. Il suo recupero dalla gomma (l’industria dei pneumatici assorbe da sola circa il 70% della produzione globale di CB) appare quindi in grado di ridurre significativamente l’impronta di carbonio dell’industria della gomma. Dato che il rCB è una nuova classe di filler della gomma, occorre capire quali delle sue proprietà influenzino le prestazioni dei prodotti che lo impiegano. La ricerca svolta da C. J. Norris  di Murfitts Industries, A. López Cerdán di Artis e Pieter ter Haar di Circtec dimostra l’importanza della distribuzione dimensionale degli aggregati e del contenuto di silice, di residui carboniosi e di residui organici nella produzione di un rCB coerente e dalle proprietà prevedibili.
Parametri importanti
Una quantità molto importante per il nerofumo è l’Aggregate size distribution (Asd), una misura di quanto il nerofumo tenda ad aggregarsi. Nelle mescole che lo contengono il Carbon Black è presente in forma colloidale, ossia come aggregazione di noduli elementari: in effetti la particella singola, che ha dimensioni fra 10 e 300 nanometri, praticamente ha vita brevissima dato che tende a legarsi con altre, formando aggregati con dimensioni più grandi, fino a 500 nm. Anche gli aggregati si uniscono fra loro, formando insiemi che possono eccedere i 100 micrometri. Ogni particella di nerofumo commerciale ha però le stesse dimensioni, cosa che non si riscontra nell’rCB vista la non uniformità della “materia prima”, ossia i pneumatici fuori uso: l’Asd è quindi una grandezza molto indicativa delle proprietà dell’rCB. Se per classificare il CB può essere sufficiente conoscerne l’indice di struttura (espresso in centimetri cubici/100 grammi di prodotto) e l’area superficiale, indicata in metri quadrati al grammo, questo non è adeguato per il rCB. Oltre alla già citata Asd lo studio individua altre grandezze necessarie per caratterizzare il nerofumo recuperato: la silice, i residui carboniosi e i residui organici, sostanze che sono “eredità” dei pneumatici che sono serviti per produrre l’rCB. Lo studio evidenzia quali proprietà degli rCB dovrebbero essere controllate e monitorate per garantire prestazioni coerenti del prodotto, donde la necessità che l’industria del recovered Carbon Black adotti nuovi test. È stato per esempio dimostrato che un Asd molto ampio, come quello evidenziato da un rCB, porta a una riduzione sostanziale delle proprietà quasi-statiche della mescola (la differenza fra il modulo elastico della gomma per piccole deformazioni e quello per grandi deformazioni) rispetto a un CB con proprietà colloidali simili. L’Asd ampia è considerato uno dei fattori dominanti per la disparità tra il potenziale di rinforzo di un rCB e un CB di area superficiale e livello di struttura simili e questo parametro è quindi raccomandato come uno dei principali strumenti di caratterizzazione per gli rCB. Si è anche arrivati alla conclusione che le proprietà di un rCB possono essere adattate alle diverse applicazione controllando il processo produttivo: lasciare una piccola quantità di residui organici, per esempio, ha migliorato la disperdibilità e la resistenza alla trazione.
Michelin e Bridgestone per il recovered Carbon Black
Il recovered Carbon Black interessa ovviamente anche l’industria nell’ottica di ridurre l’impronta di carbonio della costruzione dei pneumatici. Nel 2022 Michelin e Bridgeston hanno pubblicato un white paper che riportava i risultati di un’iniziativa congiunta per aumentare l’uso del nerofumo recuperato. Fra gli obiettivi che Bridgestone e Michelin intendono raggiungere, in collaborazione con i fornitori di rCB e altri soggetti interessati per definire le proposte di standard, gradi e specifiche di questo filler. L’iniziativa vuole aumentare la consapevolezza dei requisiti di qualità e prestazioni nei nuovi fornitori di rCB per l’industria dei pneumatici e creare un linguaggio comune tra produttori e utilizzatori di recovered Carbon Black per sostenere la crescita del settore. La posta in gioco è alta: si stima che globalmente un miliardo di pneumatici, pari a circa 30 milioni di tonnellate di materiale, ogni anno arrivino alla fine della loro vita utile. Anche se esistono molte iniziative per recuperare e riutilizzare materiali da pneumatici esausti, permangono significative difficoltà al raggiungimento della circolarità dei materiali in una scala che consenta un’effettiva circolarità dei pneumatici: oggi, meno dell’1% del nerofumo utilizzato globalmente nella produzione di pneumatici nuovi proviene dal riciclo. Il nero di carbonio recuperato rappresenta un’opportunità per ridurre la dipendenza dell’industria dei pneumatici da prodotti petrolchimici e l’utilizzo di nerofumo recuperato nella produzione di pneumatici nuovi potrebbe ridurre le emissioni di CO2 fino all’85% rispetto ai materiali vergini.
La classificazione del recovered Carbon Black
Entro il 2030 Bridgestone e Michelin prevedono che esisteranno le condizioni affinché il mercato degli rCB raggiunga 1 milione di tonnellate/anno ma occorre un impegno forte già a partire dal prossimo anno. Come visto più sopra ed evidenziato da Martin Wolfersdorff, l’rCB è una miscela di diversi prodotti, alcuni dei quali sono legati alla materia prima dei pneumatici fuori uso. Si trovano quindi CB di grado “morbido”, quali quelli delle serie N7xx, N6XX, N5xx e quelli duri “battistrada” delle serie N3xx, N2xx, N1xx. Si trovano anche ceneri inorganiche, principalmente composti dello zinco e silice, insieme a residui carboniosi. Il rapporto fra queste diverse sostanze non dipende solo dal design originale del pneumatico ma anche dalla sua usura: la pirolisi di un lotto di pneumatici per automobili relativamente nuovi potrebbe produrre un rCB ad alto tenore di silice. Anche il trattamento può innescare alcune differenze, che riguardano principalmente il livello di completamento della pirolisi (che incide sugli idrocarburi volatili) e sui residui carboniosi. A seguito di una gran mole di lavoro si è arrivati a una prima classificazione, basata su norme della Astm - American society for testing and materials e riportata in tabella. Al grado A corrispondono 3 sottogradi mentre il grado D dev’essere ancora definito; altre caratterizzazioni sono elencate in un’altra tabella ma è già interessante il fatto che la materia prima sia così influente sulle caratteristiche del prodotto finale. Molto lavoro dev’essere ancora fatto per arrivare a una classificazione più precisa e poi a processi industriali scalabili e ripetibili, senza contare la necessità di definire criteri per la protezione ambientale, la sicurezza e l’inquadramento nelle norme Reach riguardo l’uso dei composti chimici.