Pirelli considera con interesse Janus, la molecola bifronte che migliora la sostenibilità e le prestazioni dei pneumatici

I pneumatici sono manufatti complessi anche perché sono l’unione di materiali molto diversi: elastomeri, tessuti di vario tipo, cordini metallici, agenti di carica e liner di gomma speciale. I progressi nella tecnica e nella tecnologia rendono questi insiemi, pur così eterogenei, prestazionali e sicuri anche a distanza di anni e dopo decine di migliaia di km. La ricerca accademica e industriale ovviamente non si ferma e propone nuovi elementi per migliorare ulteriormente i pneumatici, con un’enfasi sempre maggiore alla diminuzione del loro impatto ambientale. È in questo ambito che si situa lo studio, condotto da ricercatori dei Politecnici di Milano e Torino e sostenuto da Pirelli, focalizzato su un agente di accoppiamento, chiamato Janus, fra la silice e gli elastomeri della mescola. Questa molecola può essere ottenuta a partire da materie prime naturali con sottoprodotti di reazione costituiti praticamente solo da acqua e emissioni di carbonio bassissime.

L’importanza della silice e della sua miscibilità
La silice è uno dei filler più usati in assoluto nei moderni pneumatici, arrivando a costituire il 30/45% della mescola insieme al carbon black. La silice, in particolare, si dimostrata in grado di conciliare caratteristiche quasi antitetiche fra loro, quali un miglior grip alle basse temperature e una minor dissipazione interna, cosa che diminuisce la resistenza al rotolamento. In pratica le mescole ad alto tenore di silice rimangono più morbide nei climi freddi, migliorando l’aderenza in condizioni difficili, riuscendo però a dissipare meno energia delle mescole classiche caricate con nerofumo. L’uso della silice è quindi particolarmente interessante nella realizzazione di coperture ad alte prestazioni ma il suo impiego comporta alcune difficoltà. La silice tyre grade è una forma amorfa (non cristallina, quindi) dell’ossido di silicio, una sostanza polare e idrofila. Da ciò ne discende che, a differenza del carbon black, è scarsamente compatibile con la matrice polimerica di una mescola per pneumatici. Occorre quindi l’azione di un agente che faciliti l’adesione della silice ai polimeri della gomma: in genere si usano per questo scopo composti etossi-silanici.
I ponti di zolfo e il ruolo della silice
Queste sostanze, un esempio delle quali è il bis(trietossisililpropil) tetrasolfuro abbreviato in Tespt, reagisce con la superficie della silice e il suo “ponte” polisolfurico viene coinvolto nella reazione di vulcanizzazione, e si unisce con un solido legame covalente alle catene polimeriche della mescola. Il risultato è un importante miglioramento delle proprietà meccaniche degli elastomeri abilitato anche dalla partecipazione della silice alla matrice polimerica permessa dal Tespt. La silice tyre grade ad alta disperdibilità disponibile sul mercato viene prodotta per dissoluzione in ambiente acquoso alcalino e precipitazione tramite acidificazione: questo materiale manifesta quindi un pH che lo fa rientrare fra le sostanze acide. Gli acceleranti della vulcanizzazione sono prodotti alcalini, così come lo sono i sottoprodotti nella stessa reazione: questi ingredienti sono neutralizzati dall’acidità della silice e questo produce un rallentamento della cinetica della reazione.
La trasformazione produttiva indotta dalla silice
L’introduzione della silice in grandi quantità nelle mescole per il battistrada ha determinato importanti ripercussioni su diversi aspetti della tecnologia produttiva dei pneumatici. Le diverse esigenze di controllo della temperatura necessario per governare le reazioni chimiche nella mescola hanno comportato modifiche dei dispositivi e delle procedure di mixing. La diversa reattività delle mescole ad alto contenuto di silice ha inoltre richiesto una modifica dei cicli chimici di vulcanizzazione. La tendenza della silice a riaggregarsi, nonostante la sua reazione con i silani, aumenta poi rapidamente la viscosità delle mescole dopo il mixing fino a renderle non lavorabili, e quindi le procedure di trasporto e stoccaggio hanno dovuto essere revisionate. Quello che accade ricorda il comportamento delle emulsioni acqua-olio, nelle quali con il tempo i due fluidi si separano: sarebbe quindi interessante trovare agenti di accoppiamento sostenibili che creino legami solidi fra la silice e gli elastomeri delle mescole.
La molecola Janus
Lo studio dei ricercatori dei Politecnici di Milano e Torino evidenzia alcuni punti critici del Tespt, che è anche un derivato del petrolio. Come accennato più sopra, è ampiamente riconosciuto che la reazione di accoppiamento tra Tespt e le catene elastomeriche ha un’efficienza limitata; è anche noto che la reazione dei gruppi SiOR del Tespt con la silice rilascia etanolo, altra cosa non desiderabile. Sarebbe quindi auspicabile utilizzare, nelle mescole di gomma per pneumatici, un agente di accoppiamento alternativo al Tespt, idealmente un prodotto chimico di origine biologica. Questo composto dovrebbe essere reattivo con il sistema a base di zolfo utilizzato nella vulcanizzazione e un candidato a questo ruolo è il serinol pirrolo – SP, che ha formula s2-(2,5-dimetil-1H – pirrol-1-il)-1,3-propandiolo. L’SP (la cui simmetria gli è valsa i soprannome di “molecola Janus”) è un derivato del glicerolo, un importante coprodotto della produzione di biodiesel ed è una delle sostanze che potrebbero essere prodotte in una bioraffineria; il serinolo può anche essere ottenuto da fonti rinnovabili. In letteratura sono stati riportati esempi di impiego del serinol pirrolo, per esempio come riempitivi rinforzanti nei compositi elastomerici in combinazione con il Carbon Black ma non si segnalano studi sul suo comportamento come agente di accoppiamento della silice con catene polimeriche insature, donde lo scopo di questo lavoro.
In cerca di conferme sperimentali
Il composto dell’SP con la silice è stato formato semplicemente mescolando e riscaldando la miscela fisica e la sua caratterizzazione è stata analizzata con varie metodiche quali l’estrazione con solvente e la spettroscopia fotoelettronica a raggi X. Il composto silice/SP è stato poi utilizzato in mescole a base di poli(stirene-co-butadiene) (S-SBR, gomma sintetica) e poli(1,4-cis-isoprene) da Hevea brasiliensis, che è la gomma naturale NR; come riempitivo è stato usato unicamente il composto di silice SP. Per confronto sono stati anche preparate mescole che usavano TESPT come agente di accoppiamento della silice e altre senza agente di accoppiamento. Un’importante risultato è stato che il valore tan delta (fattore di perdita, viene usato come indice dell’isteresi di una mescola e quindi degli attriti interni che determinano la resistenza al rotolamento) è risultato simile nella mescola con SP e in quella con TESPT. Anche la struttura delle reticolazioni è risultata simile mentre il modulo di elasticità dinamico  nella mescola con SP è apparso leggermente maggiore. La mescola con il composto silice/SP ha evidenziato deformazioni maggiori a parità di sollecitazione rispetto alla mescola con TESPT insieme a un allungamento a rottura più elevato. Altre risultanze sperimentali evidenziano come l’SP sia in grado di stabilire legami covalenti sia con la silice sia con l’elastomero insaturo, candidandosi quindi a sostituire il TESPT nelle mescole ad alto contenuto di silice.
Enfasi sulla sostenibilità
La sintesi dell’SP, inoltre, è una reazione relativamente semplice e può svolgersi direttamente sulla silice: la preparazione del composto silice-agente di accoppiamento potrebbe quindi avvenire nello stesso sito nel quale si prepara il composito elastomerico. Questa operatività è scalabile anche a livello della produzione in grande serie, con una notevole riduzione dell’impronta di carbonio della tecnologia di produzione dei pneumatici perché si risparmierebbero passaggi intermedi e trasporto di materiali. Anche l’eliminazione dell’etanolo come sottoprodotto è positiva per l’ambiente, dato che esso viene generalmente bruciato, emettendo quindi gas serra. Le risultanze dello studio evidenziano quindi l’efficacia dell’SP come agente di accoppiamento per la silice e gli autori ritengono che il loro lavoro possa aprire la strada all’impiego industriale di questi composti, il cui impatto ambientale appare molto basso.