PFU: il Ministero aumenta la raccolta

Dopo lunghi e numerosi tentativi da parte delle associazioni di categoria della rivendita di sollecitare le Istituzioni ad affrontare il grave problema dei mancati ritiri dei PFU sul territorio italiano, finalmente un segnale importante e concreto è arrivato in dicembre con una direttiva del Ministero dell’ambiente, firmata dall’ingegner Laura D’Aprile, che dallo scorso agosto è a capo della nuova Direzione generale per l’economia circolare. Questo provvedimento, prendendo atto che “è stata riscontrata la necessità di raccogliere quantità di PFU sensibilmente superiori a quelle dichiarate come immesse nel mercato”, stabilisce di fatto che “tutte le forme associate alla gestione degli PFU e i sistemi individuali di gestione con immesso superiore alle 200 ton., raccolgano e gestiscano ulteriori quantità di PFU da quantificarsi nella misura incrementale del 15% oltre i propri obiettivi”.

 

Un cambio di rotta da parte del Ministero

La decisione della Direzione è senz’altro da mettere in relazione alla segnalazione che Federpneus e CNA avevano rivolto al Ministero nel mese di ottobre, denunciando la gravità delle criticità in atto e richiedendo misure urgenti per affrontare la situazione. Secondo alcune stime, alla fine del 2020 erano almeno 30.000 le tonnellate di PFU giacenti a terra presso i negozi dei gommisti.

Gli effetti di questa misura si potranno vedere probabilmente solo nel corso di alcuni mesi, e all’inizio del 2021 ancora le segnalazioni di problemi anche gravi da parte dei gommisti ancora non hanno cessato di circolare nella filiera; tuttavia si tratta di una decisione senza precedenti, e oltre alla misura in sé è forse opportuno sottolineare anche l’importanza che questa direttiva assume in relazione alle motivazioni addotte, si legge infatti nel testo: “In adempimento alle attività di vigilanza di competenza, questa Direzione ha rilevato gravi anomalie nel sistema di gestione degli pneumatici fuori uso dovute anche a modalità di processo delle richieste di ritiro adottate da alcune forme di gestione autorizzate nei propri sistemi informatici che hanno contribuito alla formazione di irregolari accumuli di PFU presso le officine dei gommisti. Segnatamente, da ripetute segnalazioni pervenute dai singoli gommisti e dalle loro associazioni sono stati evidenziati problemi nell’accettazione delle richieste di ritiro, spesso giustificati, a nostro dire erroneamente, dal raggiungimento di obiettivi arbitrariamente fissati dalle stesse forme di gestione autorizzate. Al riguardo si evidenzia che dette forme di gestione, perseguendo un pubblico interesse quale è la gestione dei rifiuti per la tutela ambientale, non possono organizzare la raccolta degli PFU secondo modalità restrittive dell’efficienza del sistema, limitando le quantità sulla base di obiettivi diversi da quelli stabiliti nel DM 182/19, oppure privilegiando il ritiro degli PFU sulla base degli acquisti effettuati da chi chiede il ritiro (gommista), pratica che viola il principio di correttezza e trasparenza a cui sono tenuti”.

Per la prima volta dunque è lo stesso Ministero dell’ambiente ad ammettere con chiarezza l’esistenza di una serie di elementi critici riconducibili allo stesso impianto regolatorio attuale, oltre alle pratiche illegali che da tempo sono oggetto di segnalazioni da parte dei vari attori della filiera: “Da un attento esame di tale fenomeno, si è evidenziato che, almeno parzialmente, esso può essere attribuito a problematiche della normativa di riferimento, ma con altrettanta evidenza sono emerse attività di immissione irregolare degli pneumatici sul territorio nazionale e di false esportazioni di pneumatici che non rientrano più negli obiettivi di raccolta, pur rimanendo in Italia e che sono anche oggetto di rimborso del contributo”.

L’aumento del 15% nella raccolta da parte delle forme associate e dei sistemi individuali che gestiscono oltre 200 tonnellate annue di PFU, da attuarsi con eventuale rideterminazione del contributo ambientale, è stato stabilito con l’obiettivo specifico di assicurare che la raccolta avvenga in modo omogeneo su tutto il territorio e senza interruzioni dovute al conseguimento anticipato degli obiettivi di raccolta e gestione normativamente fissati; inoltre, la direttiva precisa che tale percentuale di raccolta e gestione potrà essere ulteriormente incrementata nella misura determinata fino a un massimo del 20% qualora sia riscontrata la necessità di raccogliere quantità di PFU superiori alle quantità determinate dal DM 182/19.

 

Cosa ci aspetta per il futuro?

In attesa di vedere gli effetti concreti del provvedimento, esprime soddisfazione Federpneus, che con il presidente Giancarlo Veronesi commenta: “Importante che si sia arrivati finalmente a un pieno riconoscimento del problema e della sua portata, e che sia stata manifestata la volontà di intervenire concretamente. La misura con cui il ministero stabilisce un aumento degli obblighi di raccolta infatti ha senz’altro una grande rilevanza dal punto di vista pratico, e speriamo che gli effetti positivi si possano manifestare a breve sul territorio con la riduzione degli accumuli di PFU che si sono generati, tuttavia si tratta anche di un passaggio fortemente significativo, che giunge dopo molti anni di segnalazioni e richieste; auspichiamo che si possa proseguire un percorso di confronto costruttivo con il Ministero per arrivare a ulteriori misure di natura più strutturale che possano affrontare il problema nelle sue cause a partire dalla concorrenza sleale da parte di chi commercializza in evasione dei contributi fiscali ed ambientali.”

Cosa che sembra peraltro essere nelle intenzioni della Direzione, poiché la stessa direttiva conclude facendo riferimento alle “iniziative normative in corso di valutazione tese ad arginare il fenomeno dell’immissione irregolare degli pneumatici”.

Adesso l’auspicio della filiera è che il recente cambio di Governo non comporti ripercussioni su questo cambio di rotta che sembrava profilarsi con l’insediamento della Direzione generale per l’economia circolare; è infatti chiaro che ci saranno notevoli riorganizzazioni nelle attività e nelle competenze del Ministero dell’ambiente, che ha assunto con il Governo Draghi il nuovo nome di Ministero per la transizione ecologica, definendo così un cambio di baricentro tematico che in teoria non dovrebbe comunque interferire negativamente con quanto si stava prospettando negli ultimi mesi – ma questo lo capiremo solo fra qualche tempo.