La componentistica automotive tra incognite e timori

Bene ma non benissimo. A dispetto dei buoni risultati raggiunti nel 2023, le prospettive future per la filiera italiana dell’automotive in generale e per la componentistica in particolare sono tutt’altro che rosee. È questa l’indicazione offerta dalla più recente edizione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità, realizzata dalla Camera di commercio di Torino e da Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica).

In Italia la domanda di autoveicoli, che nel 2023 ha toccato quota 1,8 milioni di unità (+19% rispetto al 2022) è ancora molto inferiore ai livelli pre-Covid. E nel 2024 ci si aspetta che i volumi si mantengano stabili. Lo scenario appare ancora più critico se si guarda alla produzione domestica di autoveicoli: il 2023 si è chiuso con 880.000 unità e una crescita a doppia cifra (+10,6%), ma per il 2024 si prospetta un calo del 31%. «Vediamo un mercato in stallo con modelli mass market ormai obsoleti e volumi ancora molto sotto i livelli del 2019», ha indicato Miriam Sala, responsabile Area Studi e Statistiche di Anfia, durante il recente incontro di presentazione dei dati dell’Osservatorio.

L’impasse che il settore automotive sta attraversando non solo in Italia, ma in buona parte dei mercati occidentali, impatta inevitabilmente sulla filiera italiana della componentistica. Nel 2023, le 2.135 imprese del comparto hanno raggiunto un fatturato complessivo di circa 58,8 miliardi di euro (+3,1%): «ancora una crescita ma più contenuta rispetto agli anni passati e soprattutto non in tutti i segmenti», ha infatti evidenziato Barbara Barazza, responsabile Settore Studi e Statistica della Camera di Commercio di Torino. Se infatti, da un lato, è aumentato il fatturato delle imprese di engineering & design (+14,3%), sistemisti e modulisti (+9,3%), specialisti del motorsport (+11,7%), dell’aftermarket (+4,6%), della mobilità elettrica e infomobilità (3,2%), dall’altro, hanno espresso segnali di sofferenza i subfornitori tout court (-11,3%) e quelli delle lavorazioni (-5,4%). Anche sul fronte occupazionale, spacchettando un numero complessivamente stabile di addetti nel comparto (circa 170.000 nel 2023), emergono rilevanti discrepanze tra i segmenti.

Al di là dei numeri, è però il sentiment generale a destare preoccupazione. Nel complesso, l’Osservatorio restituisce l’immagine di una filiera non troppo ottimista per quel che riguarda il futuro. Dalle dichiarazioni raccolte su un campione di 438 imprese italiane della componentistica emerge che almeno la metà si aspetta per il 2024 un calo del fatturato fino al 32%, come conseguenza di un crollo degli ordini interni (-40%) ed esterni (-30%). Un’impresa su tre ipotizza tagli occupazionali e una riduzione degli investimenti.

Nelle intenzioni strategiche di medio-lungo termine, il tema al centro di ogni riflessione è inevitabilmente la scadenza dell’anno 2035 che, secondo le attuali disposizioni comunitarie, metterà un punto alla vendita in Europa di automobili nuove con motore endotermico. La perentorietà della decisione e l’incertezza che accompagna la transizione sono motivo di ansia per la filiera nazionale componentistica. Sebbene infatti la stragrande maggioranza delle aziende produce componenti destinati a veicoli con qualsiasi tipo di alimentazione, un buon 30% è invece verticalmente focalizzata sui motori a combustione interna. Almeno un’impresa su tre dovrà quindi rivedere il proprio modello di business. Nella maggior parte dei casi lo farà però mantenendo una produzione per motori endotermici destinata ai mercati extra UE. Molte meno sono invece quelle le imprese che attueranno una riconversione della produzione. Infine, c’è un 12% che pensa di abbandonare del tutto il settore automotive. Di questi la metà non vede alternativa.

«La politica ci ha dato obiettivi ambiziosi e sfidanti, ma non gli strumenti per raggiungerli in maniera sostenibile - ha dichiarato Marco Stella, presidente Gruppo Componenti Anfia e Ad di Duerre Tubi Style Group - La trasformazione che ci viene richiesta è costosa e competitiva. Non ci tiriamo indietro. Crediamo che vada portata avanti, ma non in maniera autolesionista, focalizzandoci su un’unica tecnologia rispetto alla quale in Europa siamo indietro». In questo senso, Corrado La Forgia, vice presidente di Federmeccanica e ad di Vhit-Weifu ha evidenziato le opportunità di una neutralità tecnologica. Ha però richiamato l’attenzione sulla necessità di una visione chiara e condivisa: «decidere in che direzione andare non è solo responsabilità del Governo o delle Istituzioni, ma anche delle imprese – ha dichiarato per poi aggiungere: - l’evoluzione elettrica non si può fermare. Le aziende italiane possono e devono agganciarsi alle filiere del futuro, anche extra europee, proponendo un concetto vincente di produzione: non solo made in Italy, ma made and invented in Italy”. C’è un valore prezioso nella filiera italiana della componentistica automotive: bisognerà lottare per salvaguardarlo.