Parafrasando Mark Twain: i clamorosi annunci della morte del motore endotermico appaiono “grossolanamente esagerati”. La lenta affermazione dell’elettrico nel mercato lascia infatti pensare che la propulsione a combustione interna non abbia esaurito il proprio corso e, anzi, possa inserirsi a pieno titolo tra le soluzioni che contribuiranno all’agognata decarbonizzazione del trasporto. Come e perché questo potrebbe avvenire è stato oggetto di un’ampia discussione sull’evoluzione dell’automobile, in occasione di Next Generation Mobility 2024, evento dedicato alla mobilità di oggi e di domani che si è tenuto a Torino il 18 e 19 settembre scorsi.
All’elettrico manca “potenza”
Che al mercato elettrico serva una scossa è fuori di dubbio. Nonostante le stringenti indicazioni dell’Unione europa e l’impegno dei costruttori, i dati di mercato sono tutt’altro che edificanti: nei primi otto mesi del 2024 le nuove immatricolazioni di veicoli elettrici in Europa sono diminuite quasi del 44% (dati: Acea - Associazione europea dei costruttori di automobili). Questo rallentamento cozza con le intenzioni del governante europeo che, da un lato, spinge a tutta velocità verso la transizione elettrica con target sempre più ambiziosi e stringenti – nel 2025 il limite massimo delle emissioni medie di CO2 per i nuovi veicoli scenderà dagli attuali 116 grammi/km di CO2 a 93,6 grammi/km -, dall’altro, non sembra però voler rilanciare gli incentivi, né voler sostenere la transizione industriale.
All’inizio di settembre Luca de Meo, ceo di Renault e presidente di Acea, ha lanciato l’allarme: se l’andamento del mercato dell’elettrico dovesse rimanere quello attuale, l’industria automobilistica europea potrebbe nel 2025 dover pagare multe fino a 15 miliardi di euro ovvero tagliare la produzione di oltre 2,5 milioni di veicoli. Purtroppo, le previsioni non lasciano ben sperare. A livello globale il mercato dei veicoli elettrici cresce – secondo le stime, nel 2024 saranno vendute 89 milioni di unità – ma a trainare è soprattutto la Cina. In Europa e Nord America la crescita appare infatti stagnante. “Il Green Deal fissa come obiettivo per il 2035 una quota di mercato per l’elettrico pari all’87%, ma noi crediamo che, senza opportuni stimoli, si fermerà intorno al 50%”, ha indicato nel suo intervento a Next Generation Mobility Emanuele Cordone, director Automotive e Industrial di AlixPartners. Dal 2019, la società di consulenza analizza la propensione all’acquisto di Bev in diversi mercati. I risultati confermano lo sbilanciamento: “in Cina il valore è aumentato nel tempo fino ad arrivare al 97% degli intervistati e delle intervistate che afferma di voler comprare un veicolo elettrico. In compenso, in Europa e negli Usa la curva è piatta: le percentuali sono ferme rispettivamente al 43% e al 35%”. Al di là delle intenzioni dichiarate, sono i dati di mercato che, come detto, confermano un raffreddamento dell’interesse da parte dei mercati occidentali. Sulla non decisione di acquisto pesa molto il prezzo. “Il delta tra elettrico e termico è del 45% in Europa e del 52% in Usa, mentre in Cina sono pochi punti percentuali – ha evidenziato Cordone. In Europa anche la carenza di una solida infrastruttura per la ricarica preclude l’acquisto”.
La rivincita dell’endotermico
Nel baratro tra ideale e reale il motore a combustione interna si ritaglia dunque ancora un suo spazio. “Il vantaggio è che si tratta di una tecnologia consolidata. Così, in questa fase di esplorazione, tanti costruttori scelgono di partire da ciò che già esiste, cioè motori diesel o a gas naturale, e adattarlo con modifiche minime al funzionamento a idrogeno”, ha spiegato Federico Millo, professore ordinario presso il Politecnico di Torino. La combustione interna a idrogeno appare come una più che valida opzione: offre prestazioni simili a quelle del motore diesel, producendo solo vapore acqueo, con costi operativi inferiori al fuel cell. “Criticità come la mancanza di infrastruttura possono essere abbastanza facilmente superate in applicazioni specifiche quali le flotte del trasporto pubblico locale o di mezzi per il trasporto pesante di merci. Questa tecnologia non offre una risposta univoca e generalizzata alla domanda di decarbonizzazione – ha proseguito il docente – ma può essere un tassello importante. D’altro canto, la scelta di affidarci a un’unica opzione tecnologica è miope. Non possiamo infatti limitarci a considerare le emissioni di CO2 derivate solo dall’utilizzo, per intenderci dal serbatoio alle ruote. Dobbiamo guardare all’intero ciclo del veicolo elettrico vita, ricarica compresa.
La via più veloce ed efficace passa quindi per lo sfruttamento del mix tecnologico a disposizione”.
Una proiezione al 2050 realizzata da Kpmg ipotizza dunque che nel 2050 il mercato sarà equamente diviso tra combustione, ibrido, elettrico e fuel cell. “La metà del mercato sarà dunque ancora termico” ha commentato Piersandro Trevisan, development advisor del Cluster Lombardo della Mobilità. Pur condividendo gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati dall’Unione Europea, Regione Lombardia abbraccia il principio di “neutralità tecnologica” e, volendo esplorare soluzioni alternative all’elettrico, ha quindi affidato al Cluster Mobilità uno studio. “I carburanti del futuro non potranno che essere rinnovabili e senza emissione netta di Co2/gas climalteranti – ha spiegato Trevisan. Il motore endotermico ICE continuerà ad avere un ruolo fondamentale per costi e affidabilità, ma si dovrà adattare alle caratteristiche dei nuovi carburanti, migliorando l’efficienza e riducendo le emissioni. Motore e carburanti dovranno inoltre essere più integrati dal punto di vista tecnologico e dei componenti”.
Le molte facce della sostenibilità
Un’automobile può essere sostenibile in molti modi e anche al di là di quel che c’è sotto il cofano motore. Nonostante dati di vendita non proprio esaltanti, i costruttori sono molto attivi in materia di economia circolare. E un ambito d’intervento diffuso riguarda i materiali: “il settore auto (e non solo) è molto orientato alla gestione del flusso materico in loop – ha confermato Marco Capellini, ceo di Matrec. Dopo un lieve rallentamento cinque o sei anni fa, le aziende hanno ripreso a fare ricerca per recuperare, ripristinare e riutilizzare i materiali”. Le evidenze non mancano. Audi, per esempio, sta portando avanti, insieme a 15 partner, il progetto MaterialLoop che studia le possibilità di riutilizzo di materiali e componenti dalle vetture a fine vita. Un anno fa, Stellantis ha stretto un accordo di joint venture con Galloo, azienda specializzata nel riciclo dei metalli, per il ritiro di veicoli a fine vita dall’ultimo proprietario e quindi il recupero dei componenti per il riutilizzo, la rigenerazione e il riciclo dei materiali. Nel frattempo, nello storico stabilimento di Mirafiori a Torino, ha attivato Sustainera, un centro di 73mila metri quadrati per la rigenerazione di veicoli usati, il recupero e il riutilizzo di materiali e componenti. “Nel settore dei pneumatici sempre più aziende stanno investendo nel riutilizzo del polverino riciclato – ha citato Capellini che ha quindi aggiunto – In tutto ciò, c’è una convenienza economica, oltre che ecologica. Non solo intorno a questo tipo di attività si sviluppano business interessanti. Ai costruttori oggi conviene essere proprietari dei materiali e affidarne a terzi il processo di trasformazione per non dover subire gli sbalzi dei prezzi delle materie prime”.
Nel mercato, a monte e a valle, non c’è più riluttanza nello scegliere un prodotto ricondizionato che ormai sempre più spesso è davvero pari al nuovo. D’altro canto, la via è stata segnata. La Direttiva 2000/53 della Commissione Europea obbliga i costruttori di veicoli ed equipaggiamenti a tener conto fin dalla progettazione della demolizione, del riutilizzo e del recupero dei veicoli, garantendo che questi siano reimpiegabili e/o riciclabili per almeno l’85 % del proprio peso, reimpiegabili e/o recuperabili per almeno il 95 % del proprio peso (art.4). La filiera sta ben lavorando per raggiungere questi obiettivi, ma c’è ancora un po’ di strada da fare, come ha illustrato nel suo intervento Anselmo Calò, presidente di Ada (Associazione nazionale demolitori auto): “nel 2022, sono stati rottamati più di 870mila veicoli pari a oltre 1 milioni di tonnellate di materiali. Il 72,5% di questi è stato recuperato e riciclato”.
In previsione di un futuro che si vorrebbe più “elettrico” possibile, la riflessione sulla sostenibilità della filiera automotive non può poi trascurare uno dei suoi elementi più problematici: le batterie. Non l’ha fatto certamente l’Unione Europea che, con il Regolamento UE 2023/1542, ha infatti stabilito, a partire da febbraio 2027, l’obbligo per le batterie dei veicoli elettrici o a due ruote, e le batterie industriali con una capacità superiore a 2 kWh di passaporto digitale. Si tratta di un documento elettronico in cui sono riuniti dati statici (es. data di produzione, materiale della cella ecc.), ma anche dinamici, cioè parametri che variano a seconda dell’utilizzo del prodotto. L’obiettivo è garantire trasparenza, oltre che sostenibilità nella catena del valore delle batterie. “A oggi le informazioni sulla batteria di un veicolo non sono certe - ha infatti dichiarato Luca Gastaldo, sales manager mobility connected services di Bosch spiega: - non si sa quanto dura, come si comporta e i problemi che può dare nel futuro”. Bosch ha quindi sviluppato il servizio battery in the cloud: “è il nostro concetto di digital twin della batteria. Permette di tenere sempre sotto controllo la vita utile della batteria, i fattori di stress, il degrado, rilevando anomalie e certificandone lo stato di salute”.
L’auto del futuro prossimo
Nell’evoluzione del settore l’innovazione avrà un ruolo cruciale al fine di rendere l’automobile più sostenibile e sicura, e l’esperienza di utilizzo più coinvolgente nel suo complesso. Nel suo suggestivo intervento a Next Generation Mobility 2024, Davide Zane, business development director di Sketchin ha raccontato come l’Intelligenza artificiale e le tecnologie cosiddette “immersive” aiutino a immaginare futuri possibili in cui le persone vivono esperienze realmente inedite. “In un domani non troppo lontano non parleremo più con diverse app e dispositivi, ma avremo un ‘maggiordomo digitale’ con cui converseremo in maniera naturale e che si interfaccerà con tutte le applicazioni e i molteplici agenti di servizio”. Tra gli esempi applicativi in ambito automotive Zane ha citato “efficiency assistent”, un assistente digitale che affianca la persona in produzione offrendo indicazioni operative e aiutando nella rilevazione di anomalie: “è come avere al proprio fianco un collega in grado di interfacciarsi con realtà differenti ed elaborare dati molto diversi”, ha detto Zane. C’è poi “vehicle assistent”, un assistente personale che ci segue su qualsiasi veicolo guidiamo, aiutandoci a gestirlo e non solo. “L’assistente potrebbe incrociare dati personali e metereologici per identificare la migliore soluzione di mobilità e quindi, ad esempio, suggerirci in una giornata di sole di scegliere il trasporto pubblico o la bicicletta invece dell’automobile perché più conveniente o sostenibile”.
Un capitolo spesso trascurato, ma determinante è infine l’aerodinamica: “una grande opportunità di innovazione”, ha indicato Alessandro Ferraris, co-founder e ceo di beond, azienda spin-off del Politecnico di Torino che offre servizi di ingegneria avanzata specifici per il settore dei trasporti. “L’aerodinamica non è solo un fenomeno tecnico o un algoritmo – ha spiegato Ferraris. Migliorare l’aerodinamica di un veicolo impatta sul design e ha effetti tangibili sul suo comportamento in termini di prestazioni, sicurezza ed efficienza energetica”.