Automotive ancora sull’altalena tra crisi e ripresa con dati in chiaroscuro. Diamo un esempio: su due mesi opposti, agosto positivo e settembre rosso scuro. Ad agosto infatti il fatturato del settore automotive nel suo complesso presentava una variazione positiva del 2,7%, con una componente interna in crescita dello 0,4%, +5,2% la componente estera. Nel cumulato gennaio-agosto 2021, il fatturato aumentava del 45,1%, +57,1% il fatturato interno e +30,9% quello estero.
Infine, il fatturato delle parti e accessori per autoveicoli e loro motori presenta un decremento dello 0,8%, -2% la componente interna e -0,1% la componente estera. Poi arriva la doccia gelata di settembre, con la produzione automotive italiana che presenta una flessione a doppia cifra, quindi molto più marcata con un -12,1%.
Gianmarco Giorda, direttore dell’Anfia, sulla produzione automotive, commenta: “Gli elementi di maggior peso nel determinare questa contrazione restano lo shortage dei semiconduttori e l’esaurirsi delle risorse del fondo Ecobonus per l’acquisto di autovetture con emissioni da 0 a 60 g/km di CO2, poi rifinanziato, con risorse nuovamente disponibili solo dallo scorso 27 ottobre, e nuovamente azzerato in meno di due giorni. Effetti negativi dei troppi ’stop and go’ degli incentivi che auspichiamo non si ripetano nel 2022, grazie all’introduzione, nella Legge di Bilancio, di un provvedimento strutturale triennale a sostegno sia del mercato delle autovetture che del mercato dei veicoli commerciali leggeri a basse emissioni, nel quadro di un piano di accompagnamento della transizione energetica e produttiva del settore. Per il comparto della produzione di parti e accessori per autoveicoli l’indice della produzione aumenta del 17,9% nel mese, complice il confronto con un settembre 2020 ancora in forte calo (-23,8%) e anche l’export dei primi 7 mesi dell’anno in corso chiude in rialzo rispetto allo stesso periodo del 2020 (+32,3%)”. E sempre a proposito di altalena, il comparto produttivo automotive si colloca nel contesto di una produzione industriale italiana complessiva in crescita da marzo 2021, dopo 24 mesi con il segno meno: a settembre 2021 l’indice della produzione industriale nel suo complesso chiude a +4,4% rispetto a settembre 2020, ma a -0,5% rispetto a settembre 2019, e risulta in aumento del 14,6% nei primi nove mesi dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo del 2020, ma in calo dell’1,9% rispetto a gennaio-settembre 2019. In questo scenario complesso si inseriscono anche le ricadute pratiche, a livello economico, del rinnovo degli aspetti economici del contratto nazionale Logistica, Trasporto Merce e Spedizione che prevede 230 euro lordi una tantum erogati in tre rate e un aumento delle retribuzioni di 90 euro a regime sui minimi tabellari erogato in quattro rate da ottobre 2021 a marzo 2024. Nella busta paga di ottobre 2021, i lavoratori troveranno la seconda rata dell’una tantum, pari a 50 euro, che si aggiunge ai 100 euro ricevuto a luglio. La terza rata di 80 euro sarà erogata ad aprile 2022. Ci sarà anche la prima rata di aumento delle retribuzione che varia secondo il livello da 11,36 a 19,20 euro lordi. L’importo dell’una tantum non viene considerato ai fini del Tfr e di altri istituti contrattuali ed è ridotto in proporzione per i contratti part-time.
Tutto questo mentre, soprattutto a livello internazionale ma anche con importanti ricadute sui nostri mercati, cambiano gli scenari del trasporto.
Ad esempio, il 99% dei pacchi espressi consegnati nel 2020 negli Stati Uniti è gestito da soli quattro operatori: il servizio postale pubblico Usps, i corrieri Ups e FedEx e la divisione logistica di Amazon. quest’ultima è entrata da poco in quest’attività, ma lo scorso anno ha già raggiunto la terza posizione per percentuale di volumi trasportati, con il 21%, partendo dall’uno percento del 2015. Supera così FedEx, che è scesa dal 22% del 2014 al 16% del 2020.
Ora Amazon Logistics si avvicina a Ups, in discesa anch’essa dal 39% del 2014 al 24% dello scorso anno. Al vertice resta Usps (usata anche da Amazon), che mostra un andamento più complesso: nel 2020 aveva il 38%, la stessa percentuale dell’anno precedente ma inferiore al picco del 43% raggiunto nel biennio 2017-2018. Parte però dal 37% del 2014, quindi per ora mantiene le distanze da Amazon Logistics. Queste cifre sono state diffuse dalla società Pitney Bowes, che a sua volta svolge quest’attività. Essa precisa però che la quota di mercato non spiega completamente la situazione, perché negli ultimi anni Ups e FedEx stanno attuando una selezione sulle spedizioni, concentrandosi sul B2B. Nonostante il suo aumento di quota, Amazon dovrà comunque usare vettori esterni, anche perché i volumi che muove stanno notevolmente aumentando e nel 2020 hanno raggiunto i 4,2 miliardi di spedizioni delle quali 2,8 svolte da fornitori terzi.