Il pneumatico è verde

Nel mondo ci sono ancora distese di pneumatici fuori uso scaricate nell’ambiente, o piazzali dove i copertoni a fine vita vengono accatastati. Sono spettacoli che si possono benissimo evitare, ed evitarli fa bene all’ambiente perché, come vuole un’immagine abusata, le gomme a fine vita non sono un problema ma una risorsa. Il loro smaltimento non è un costo, perché tutti i materiali di cui sono composti – gomma, fibre tessili, acciaio – si possono riciclare in maniera economicamente efficiente. Basta impostare correttamente la filiera del loro riuso, che può anche comprendere i materiali di risulta della ricostruzione e della riscolpitura. Ad Autopromotec il convegno The Future of Tyre Retreading and Recycling ha fatto il punto su ricostruzione e riciclo dei pneumatici. Moderato da David Wilson, fondatore e direttore della rivista Retreading Business, ha visto gli interventi di sei protagonisti del settore: tre della ricostruzione e tre del riciclo.

 

Ricostruzione, c’è ancora molto da fare per crescere

Il convegno è stato aperto dal presidente Airp Stefano Carloni, che ha ricordato come il settore della ricostruzione non abbia compiuto passi significativi negli ultimi anni. Tanto l’associazione da lui presieduta quanto la corrispondente europea Bipaver spingono da anni per un obbligo della progettazione dei pneumatici in vista della loro ricostruzione, ma il l’automotive non è stato compreso tra i settori cui sono applicate le norme sull’ecodesign. “Mancano”, ha rilevato, “meccanismi premianti per le scelte virtuose: il rating delle carcasse, l’imposizione dell’utilizzo al 100% di pneumatici ricostruiti in alcuni settori come quello del trasporto pubblico locale, la garanzia di crediti d’imposta alle aziende di trasporti virtuose”.

L’importanza di un pneumatico progettato in maniera sostenibile sin dalla base è stata sottolineata anche da Marco Mangialardo, Innovation manager di Michelin Italia, azienda che da anni non solo concepisce i suoi pneumatici in vista della loro ricostruzione e riciclo ma è impegnata nell’abbattimento dell’impatto ambientale dei cicli di produzione, con l’obiettivo di emettere nel 2030 il 50% dell’anidride carbonica generata nel 2010.

Vittorio Marangoni, ceo della principale realtà italiana della ricostruzione, ha sottolineato numeri alla mano come il pneumatico ricostruito consenta di ridurre la carbon footprint (-70% di materie prime, 65% di energia, 95% di CO2, 29% di consumo di suolo, 21% di emissioni nocive e 19% di consumo d’acqua) aggiungendo che “si può decarbonizzare pure il processo di applicazione di nuovi fianchi e battistrada; devulcanizzando il polverino si riduce la dipendenza dalla gomma sintetica, oggi importata in parte dalla Russia. La ricostruzione favorisce infine una filiera locale, che deglobalizza l’economia riducendo le dipendenze internazionali e l’impatto dei trasporti”.

David Stevens del Tire Retread Information Bureau (Stati Uniti) ha sottolineato la presenza storica dei ricostruttori (la tecnologia è nata nel 1912), i 268mila posti di lavoro da loro garantiti e il fatturato del settore di 28 miliardi di dollari. “La nuova sfida”, ha spiegato, “è rendere la ricostruzione una pratica normale anche per il trasporto leggero come lo è già nel settore dei mezzi pesanti”. Per questo, e anche per una maggior consapevolezza dei flottisti di veicoli industriali, sono necessarie campagne informative che rendano l’utente finale consapevole dei vantaggi ambientali ed economici dei ricostruiti.

 

Il mondo nuovo delle materie prime seconde

Nella seconda sessione della conferenza, Claus Lamer, della società di consulenza austriaca Weibold, specializzata proprio nella gestione dei PFU, ha descritto il ciclo della pirolisi e delle materie prime seconde, dal nerofumo riciclato all’olio, che se ne possono ricavare. Queste materie, ha spiegato lo specialista, sono oggetto di crescenti richieste da parte del mercato, a dimostrare come una corretta gestione ecologica delle gomme sia economicamente efficiente. Dario Andreani, fondatore della startup cilena Sustrendlab, ha presentato la grafite T-phite, ricavata dalla pirolisi del PFU e molto promettente per la realizzazione degli anodi di batterie che hanno mostrato una resistenza al ciclaggio nettamente superiore rispetto a quelle che utilizzano grafite di origine sintetica o mineraria: un esempio di upcycling, cioè riciclaggio verso prodotti ad alto valore aggiunto. Il consorzio Ecopneus, rappresentato dal general manager Federico Dossena, ha presentato i risultati dell’ultimo esercizio e il nuovo logo che sottolinea la perfetta circolarità dell’economia generata dall’industria della ricostruzione, per poi soffermarsi sull’impegno che da anni Ecopneus dedica per portare le materie prime ricavate dai pneumatici fuori uso alla massima utilizzazione.

 

 

Progetti e carriere virtuosi

Al termine del convegno sono stati consegnati i Recircle Awards 2022, organizzati da Valebridge Media Services in collaborazione con Autopromotec. I riconoscimenti premiano chi si è distinto nell’applicazione dell’economia circolare al mondo dei pneumatici. La Marangoni ha portato a casa sia l’Award come miglior ricostruttore di pneumatici sia il premio Economia circolare. Miglior fornitore di accessori e prodotti per la ricostruzione di pneumatici è stata nominata la Vipal, mentre il miglior prodotto derivato dal riciclo di copertoni è stato giudicato la grafite T-phite della Sustrendlab. Il miglior progetto sul riciclo dei pneumatici è stato giudicato quello di Leticia Saìz Rodriguez e José Maria Bernejo Muñoz. Miglior dirigente d’azienda è stata nominata Patricia Malnati, presidente della società argentina fornitrice di caucciù Jomsalva, mentre Giovanni Corbetta, ex direttore generale del consorzio Ecopneus, ha ricevuto il premio alla carriera nel settore del riciclo dei pneumatici.