Il lato oscuro dei pneumatici

C’è un lato oscuro nella filiera dei pneumatici fatto di compravendite irregolari, smaltimenti illeciti, ed evasione fiscale. Un mercato illegale il cui valore sfiora i 100 milioni di euro l’anno con ricadute negative sull’ambiente, l’economia e il lavoro degli operatori onesti del settore. Per avere un’idea di ciò che accade basta leggere la cronaca recente: a novembre 2019, all’interno dei capannoni di una ditta di Pieve Emanuele nel milanese, sono stati sequestrati oltre 10 mila pneumatici usati pronti per essere lavorati e venduti senza autorizzazione. A giugno, invece, i sigilli erano scattati a Soverato, in provincia di Catanzaro: oltre a pneumatici fuori uso (Pfu) sono stati ritrovati anche rifiuti speciali. Pochi mesi prima, a metà febbraio, a Frignano, nel cuore della Terra dei fuochi, era stata scoperta una discarica abusiva di 2.500 metri quadrati di Pfu, insieme a olii esausti e altri tipi di rifiuti speciali e pericolosi. L’illegalità è dunque il baco del sistema di acquisto, raccolta e smaltimento di gomme nuove, usate e a fine vita. Una situazione descritta in maniera dettagliata nel report realizzato dall’Osservatorio sui flussi illegali di pneumatici e Pfu in Italia e presentato da Legambiente insieme ai consorzi Ecopneus, EcoTyre, Greentire e alle associazioni Confartigianato-Imprese, Cna, Assogomma, Airp e Federpneus nel mese di gennaio a Roma alla presenza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Il documento, che raccoglie dati, analisi e comportamenti illeciti tenuti da operatori scorretti, mette in evidenza le aree di criticità e le storture che avvengono lungo l’intera filiera. Si stima che in Italia ogni anno il commercio illegale di pneumatici si aggiri tra le 30 e 40 mila tonnellate. Numeri il cui impatto determina, a livello economico, un mancato versamento del contributo ambientale per la raccolta e il riciclo di circa 12 milioni di euro – denaro che viene sottratto ai consorzi e che causa ritardi nei recuperi dei Pfu – e un’evasione dell’Iva intorno agli 80 milioni di euro. Oltre a comportare un elevato rischio di abbandono di Pfu generati illegalmente, e che dunque sono fuori dalle regole del sistema nazionale di raccolta. Per riuscire a limitare i danni connessi a questo fenomeno a inizio 2019 il ministero dell’Ambiente aveva imposto ai consorzi, che curano raccolta e recupero dei Pfu, un innalzamento del target di gestione pari a un più 5 per cento (il target di raccolta passa dal 90 al 95 per cento dell’immesso sul mercato). Una misura che non è riuscita però a limitare di molto i flussi illegali: i quali hanno continuato a condizionare il funzionamento del sistema e a penalizzare l’attività degli operatori attenti alle regole. Infatti, i Pfu generati illegalmente finiscono per confondersi nella massa complessiva di quelli da raccogliere, con l’effetto di far saltare gli obiettivi fissati ogni anno. Il risultato di questo meccanismo inceppato è: l’accumulo di Pfu nei piazzali degli operatori e il rischio di abbandoni in strade periferiche, discariche abusive e capannoni.

La situazione descritta dall’Osservatorio mostra dunque le ombre di un sistema che nel suo complesso rappresenta un esempio virtuoso in ambito europeo. Ogni anno vengono raccolte, presso gommisti, autofficine e stazioni di servizio, e recuperate 380 mila tonnellate di Pfu. Una grossa parte dei pneumatici fuori uso alimenta un modello di un economia circolare che i consorzi e le associazioni di categoria del settore portano avanti da anni battendosi contro qualsiasi pratica illegale. I Pfu raccolti infatti possono avere una seconda vita. Attraverso differenti processi di lavorazione questi possono tornare in strada come pneumatici ricostruiti o riscolpiti oppure trasformarsi in polverino (dal pneumatico tritato viene separata la componente plastica dagli altri materiali, come metalli e residui tessili, per poi passare al recupero della gomma che viene frantumata in particelle sempre più piccole). In questo secondo caso gli impieghi sono molteplici: additivi per asfalto meno rumoroso e drenante, superfici sportive e guaine in gomma fonoassorbenti. “Il nostro Paese può contare su un sistema di eccellenza in Europa – spiega Enrico Fontana, coordinatore dell’Osservatorio – e non può permettersi che questo patrimonio, attraverso cui si generano risorse economiche e posti di lavoro nelle filiere dell’economia circolare, con importanti benefici ambientali, sia compromesso da chi opera nell’illegalità. Per questa ragione è importante che realtà diverse tra di loro, da Legambiente ai principali consorzi di gestione dei Pfu fino alle associazioni di categoria, abbiamo deciso di condividere un impegno concreto a tutela della grande maggioranza di operatori onesti, che sono i primi a subire le conseguenze sul mercato di chi accumula profitti illegalmente”. Da qui le proposte che la filiera ha presentato al ministro Costa. Tra le azioni auspicate: l’istituzione del Registro dei produttori e degli importatori di pneumatici e l’aggiornamento almeno semestrale della Banca informativa pneumatici Bip, già esistente presso il ministero dell’Ambiente, l’istituzione presso il Ministero di un Ufficio di controllo dei soggetti autorizzati alla raccolta di Pfu (consorzi e individuali) e la costituzione di una task force tra forze dell’ordine e Agenzia delle dogane, per contrastare i fenomeni di vendita in nero di pneumatici, i traffici e gli smaltimenti illegali di Pfu.

 

 

L’assetto normativo

La norma su cui si regge il sistema di gestione dei Pfu, e in parte il modello di economia circolare del pneumatico, è il Dm 82/2011 (Regolamento sulla gestione degli pneumatici fuori uso). Il decreto ha introdotto anche per i pneumatici venduti in Italia il principio europeo della responsabilità estesa del produttore e ha razionalizzato la filiera, consentendo di far rientrare nella legalità buona parte dei fenomeni di smaltimento illegale. Eppure, restano ancora delle falle nei meccanismi di regolazione e di controllo dei flussi. Falle che, secondo il ministro Costa, dovrebbero chiudersi con l’aggiornamento dello stesso Dm 82/2011. Il nuovo testo infatti – ndr l’approvazione è attesa per fine febbraio – recepisce molte delle richieste avanzate, nel 2019, dai partner dell’Osservatorio. Tali proposte si concentrano su quattro macro-tematiche, ovvero: trasparenza del sistema di raccolta e avvio al riciclo di pneumatici fuori uso, tracciabilità dei flussi di generazione degli stessi, rafforzamento del sistema di controlli e promozione delle filiere di recupero di materia della gomma riciclata dai Pfu. L’aggiornamento del Dm 82/2011 consentirebbe un ulteriore passo in avanti nella direzione di un modello virtuoso. Ma non è il solo. Infatti, il settore è in attesa del via libera definitiva da parte del ministero dell’Ambiente di un altro pezzo importante per l’economia circolare: parliamo del decreto Est of waste. La norma, in sintesi, si riferisce al processo di recupero eseguito su un rifiuto, al termine del quale esso perde tale qualifica per acquisire quella di “materia prima seconda”. Una manna per l’industria del recupero di Pfu, in quanto consentirebbe di sbloccare diversi impieghi industriali del polverino di gomma. All’interno di questo quadro il ministero dell’Ambiente ha inserito, a partire dal 2020, il nuovo istituito di direzione generale per l’economia circolare. Un organo che avrà il compito di promozione delle politiche per la transizione ecologica e di pianificazione, monitoraggio e vigilanza del ciclo integrato dai rifiuti.

 

L’Osservatorio e la piattaforma CambioPulito

Dal giugno 2017 al 15 dicembre 2019, il lavoro dell’Osservatorio, portato avanti anche attraverso CambioPulito, la piattaforma di whistleblowing riservata agli operatori del settore e gestita da Legambiente, ha permesso di individuare le criticità e fotografare la situazione all’interno del settore. Nel dettaglio in due anni e mezzo di lavoro si sono avute 361 segnalazioni di illeciti registrate, 301 società citate, 136 operatori denunciati e 8 esposti inoltrati alle forze dell’ordine. Andando più nel dettaglio emerge che gli esposti si sono concentrati su presunte commercializzazioni illegali online e smaltimento illecito, sull’omesso versamento contributo Iva e contributo ambientale, esercizio abusivo della professione e concorrenza sleale. Mentre per quel che riguarda le segnalazioni, circa l’80 per cento di loro ha riguardato presunte violazioni delle regole di commercio, della libera concorrenza e del mercato del lavoro. Le segnalazioni hanno inoltre messo in evidenza la recrudescenza di furti di pneumatici nuovi per poi essere rivenduti in nero. Spostando lo sguardo sulla filiera di gestione dei Pfu, l’illegalità si traduce nella vendita di pneumatici fuori uso spacciati per gomme usate, in furti per attività di riciclo illecito e truffa sui sistemi di pesatura dei Pfu. In merito alla distribuzione geografica, tra le regioni più interessate dalle segnalazioni risultano la Campania, che ha raccolto in assoluto il maggior numero di segnalazioni (77), seguita da Lombardia (51), Puglia (25), Abruzzo (22), Emilia-Romagna (21), Sicilia (18), Calabria (17), Liguria (15) e Lazio (14).