I manufatti in gomma – e quindi anche i pneumatici – si degradano con il tempo, modificando così molte delle loro proprietà fisiche e meccaniche. Questo processo è inevitabile e può peggiorare il comportamento delle coperture inficiando così la sicurezza dei veicoli. Esistono moltissimi studi che hanno indagato questi aspetti, scoprendo per esempio che anche la ruota di scorta invecchia anche se non la si usa. Da questi risultati si evince come i gommisti possano esercitare un ruolo importante nel garantire la sicurezza degli automobilisti, sorvegliando attentamente l’età e lo stato delle coperture.
I pneumatici invecchiano da dentro
Uno dei principali indiziati dell’invecchiamento dei pneumatici è l’ossidazione, ossia la combinazione degli atomi di ossigeno presenti nell’atmosfera con le catene polimeriche della mescola: una ricerca della Nhtsa, la National Highway Traffic Safety Administration statunitense, ha evidenziato per esempio che “i pneumatici si degradano principalmente dall’interno verso l’esterno, a causa della diffusione dell’ossigeno presente nell’aria in pressione contenuta all’interno del pneumatico, con un effetto proporzionale alla temperatura”. È sempre NHTSA a individuare i 4 elementi che determinano quanto velocemente un pneumatico invecchierà. Importante per esempio è l’innerliner, quel rivestimento interno impermeabile che ha il preciso scopo di trattenere l’aria in pressione. Realizzato generalmente in gomma butilica, non può ovviamente essere completamente impenetrabile e quindi un po’ d’aria filtrerà lentamente attraverso la carcassa della copertura in dipendenza dall’effettiva impermeabilità del liner. Un altro fattore strettamente legato al primo è la pressione dell’aria: una copertura immagazzinata in attesa di essere montata e gonfiata è sottoposta solo alla pressione atmosferica e si ossiderà quindi molto meno perché l’ossigeno si propagherà più lentamente. Nonostante questo fatto l’inattività non è amica dei pneumatici perché la pressione del contatto con l’asfalto e la flessione dovute alla rotazione fanno circolare gli oli contenuti nella copertura, che quindi possono esplicare la loro funzione lubrificante, inibendo l’essiccazione e l’irrigidimento della mescola. Il quarto fattore, probabilmente il più deleterio, è la temperatura del pneumatico, che sappiamo poter raggiungere valori molto elevati in estate per il contatto non solo dell’aria ma anche – e soprattutto – con l’asfalto rovente. Il meccanismo d’azione è duplice: l’alta temperatura aumenta sia la permeabilità sia la reattività dell’ossigeno, facilitando quindi il passaggio dell’ossigeno attraverso il rivestimento interno e il suo effetto sulla gomma dello pneumatico.
La temperatura, osservata speciale
Un altro rapporto di NHTSA, presentato al Congresso USA, ha evidenziato una correlazione significativa fra le zone climatiche e l’usura dei pneumatici: gli Stati più caldi hanno infatti evidenziato una maggiore incidenza di sinistri riferibili agli pneumatici. Anche E.T.R.T.O. – la European Tire and Rim Technical Organization che nel 1964 ha raccolto la mission della European Tyre And Wheel Technical Conference – richiama l’attenzione sulle condizioni con le quali i pneumatici vengono usati e immagazzinati. Nel dossier E.T.R.T.O Reccomendations del settembre 2018 si menzionano più volte i legami fra le condizioni nelle quali i pneumatici sono immagazzinati e usati, il mantenimento delle loro prestazioni e la loro durata. Per quel che riguarda l’immagazzinamento possiamo leggere per esempio che “La temperatura di immagazzinamento deve essere inferiore a 35° C e di preferenza anche inferiore a 25° C. A temperature superiori ai 50° C, e soprattutto se la rotazione delle scorte non è sufficiente, possono verificarsi forme di deterioramento accelerato. Va evitato qualsiasi contatto diretto con tubi caldi e caloriferi”. Temperature molto basse “nel locale di immagazzinamento non sono di per loro dannose, ma possono provocare un irrigidimento del pneumatico: sono quindi da evitare deformazioni dei pneumatici durante la movimentazione o il montaggio a meno di non portare in precedenza le coperture a temperatura ambiente”. Altre indicazioni riguardano l’umidità, le cui condizioni “devono essere tali da evitare la condensa e i pneumatici dovrebbero essere immagazzinati in un luogo fresco, asciutto e moderatamente ventilato. Se i pneumatici sono conservati all’aperto, essi devono essere coperti da un rivestimento atto a proteggerli da acqua e umidità”. E.T.R.T.O. raccomanda inoltre di evitare il contatto con l’Ozono, prodotto non solo da lampade a vapori di mercurio e macchine elettriche ma anche da reazioni fotochimiche che agiscono sui gas di scarico. Occorre inoltre eliminare ogni fonte di raggi ultravioletti (alcune lampade fluorescenti ne producono in quantità apprezzabile) mentre solventi, combustibili, lubrificanti, prodotti chimici, acidi, disinfettanti e simili devono essere immagazzinati in un locale separato. Altre indicazioni riguardano le deformazioni e la rotazione delle scorte: i pneumatici in stock non devono subire alcuna deformazione quali che siano le cause, e la durata dell’immagazzinamento dei pneumatici nuovi deve essere ridotta al minimo e quindi le coperture stoccate per prime hanno la precedenza nell’uscita dal magazzino. Queste precauzioni valgono anche per articoli quali camere d’aria, i loro flap di protezione e le valvole; per quanto possibile esse vanno applicate anche durante il trasporto.
L’affaire ‘anno di fabbricazione’
Anche se i pneumatici sono stati immagazzinato rispettando queste raccomandazioni un certo degrado avviene comunque per l’invecchiamento, che è ovviamente accelerato per le coperture montate che sono quindi più esposte a elementi nocivi quali raggi ultravioletti, ozono, alte temperature, vapori di carburante e simili. È sempre E.T.R.T.O. a ricordare che “i pneumatici invecchiano anche se non sono stati usati o sono stati usati poco. Screpolature del battistrada e dei fianchi, accompagnate talvolta da deformazione della carcassa, sono possibili indicazioni di invecchiamento: i pneumatici vecchi devono essere controllati da specialisti che garantiscano che possono essere utilizzati”. Le coperture utilizzate per esempio su caravan e carrelli per barche, inattive per lunghi periodi di tempo, tendono a invecchiare più rapidamente (vedi sopra) di quelli usati regolarmente ed è quindi importante alleggerire i pneumatici dal peso che grava su di essi e coprirli per proteggerli dalla luce diretta. Particolare attenzione va inoltre “riservata ai pneumatici delle ruote di scorta, che possono essere invecchiati anche se usati raramente o mai: nel caso dovrebbero essere usati con la massima cautela e sostituiti il prima possibile”. Riportiamo infine la presa di posizione di Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma, riguardo un sovrapprezzo di 9,90 euro a gomma richiesto da un sito Internet per avere pneumatici con data di fabbricazione 2021: “I pneumatici non si scelgono in base a quando sono state prodotti né tanto meno in funzione della loro data di scadenza, che non esiste, ma in funzione della marca e delle loro caratteristiche tecniche specifiche”. Nel comunicato di Assogomma si legge inoltre che “A parità di prodotto, la durata è principalmente influenzata dalle condizioni di utilizzo, ovvero la combinazione tra stile di guida, condizioni esterne e veicolo sul quale il pneumatico è montato” e anche che “ancor prima della sua entrata in esercizio, la vita di una gomma è determinata dalle condizioni nelle quali è stata immagazzinata fino al momento di essere montata su un veicolo: il suo stato di conservazione è infatti direttamente correlato al suo corretto stoccaggio”. Quindi a contare veramente per la durata di un pneumatico, più che l’anno di fabbricazione, sono la cura e i controlli ai quali viene sottoposto, prima e dopo l’installazione sul veicolo.
Rendere più resistenti i pneumatici
Uno studio di John Baldwin e David Bauer ha passato in rassegna varie casistiche di rotture dei pneumatici e ha inserito delle contromisure per combattere l’invecchiamento dei pneumatici. Una delle soluzioni più basiche è usare antiossidanti nella mescola e anche sostituire l’aria di gonfiaggio con l’Azoto, stante il fatto che la maggior parte dell’Ossigeno responsabile dell’ossidazione della gomma proviene dall’interno del pneumatico. Questa pratica viene ampiamente usata in applicazioni impegnative come quelle aerospaziali, nelle corse e nei camion per l’off-road. L’Azoto ha inoltre un tasso di permeabilità inferiore rispetto all’ossigeno e quindi migliora la ritenzione della pressione di gonfiaggio. Questi vantaggi sono emersi chiaramente durante i test di invecchiamento artificiale condotti in forni speciali ma sono più difficili da identificare nell’uso su strada. Il ruolo del innerliner è invece più chiaro e le ricerche di Waddel e altri hanno rilevato che passare a una composizione del 100% di gomma alobutilica riduce di 2,44 volte la permeabilità e del 60% la resistenza ai test di rottura. Un rivestimento interno poco permeabile è ancor più utile per i pneumatici dei camion, che arrivano a pressioni di gonfiaggio di 8/9 bar. Se gli innerliner ad alto (se non esclusivo) contenuto di gomma alobutilica permettono un miglioramento significativo dell’impermeabilità ai gas, risultati ancor più promettenti sono possibili con le nanotecnologie. I liner che contengono nano argille, per esempio, impongono alle molecole di gas un “percorso” tortuoso che ne limita grandemente il passaggio. Exxon Chemical e Yokohama propongono invece liner vulcanizzati in gomma e poliammide al posto del tradizionale rivestimento di gomma butilica.