Gommisti su Netflix

Dopo ospedali, studi legali, ristoranti e uffici più o meno generici, una sitcom americana sbarca fra i banchi di…un’officina. Proprio così, la serie in questione è una sitcom americana, si intitola Tires ed è da poco disponibile sulla piattaforma Netflix, anche in Italia. Creata e prodotta da Shane Gillis, John McKeever e Steve Gerben, Tires racconta di Will  - Steve Gerben -, il giovane, mite e non-troppo-brillante manager dell’officina Valley Forge Automotive Centre, ereditata dal padre, e del suo tentativo di migliorarne i servizi e, soprattutto, i profitti.
Attorno alla figura dell’impacciato Will ruotano gli altri dipendenti dell’officina, fra cui spicca quella del cugino Shane - interpretato da Gillis -, che tra battute (scorrette) e comportamenti inopportuni rende ancor più complicato il lavoro di Will, innescando di fatto, nelle intenzioni degli autori, il meccanismo comico. Quella di Gillis, comico e podcaster di grande successo negli Stati Uniti, è una comicità che fa leva sul politicamente scorretto (fu proprio una sua battuta misogina a costargli la conduzione del Saturday Night Live nel 2019) e spesso anche su un’immagine stereotipata della categoria rappresentata nella sitcom. Un esempio su tutti: il maldestro tentativo di Will di coinvolgere di più le clienti donne nelle attività di officina, si trasforma in un bikini carwash. La serie procede in questa direzione nell’arco di tutti i suoi 6 episodi, scandita al ritmo di una comicità che non ha alcuna pretesa di suscitare un pensiero critico nello spettatore, né di analizzare sotto la lente della satira determinati meccanismi sociali, non colpisce per l’acume, né per l’ingegno: semplicemente, vuole far ridere. Una risata istintiva, che viene dalla pancia più che dalla testa. Certo, è una modalità che ai nostri occhi ha un che di stantio: appartiene ad un mondo che non riconosciamo più (e che molti lettori forse non hanno nemmeno mai vissuto), che probabilmente ha divertito molto e molti, ma in un altro tempo e in un altro luogo.
Ora però, diamo un’occhiata ai dati: la serie, prima ancora della sua pubblicazione sulla piattaforma  avvenuta il 23 maggio, è già stata rinnovata per una seconda stagione. Fin dalla prima settimana di permanenza sulla piattaforma di streaming, Tires si è posizionata nella top 10 dei contenuti più visti sul mercato americano, australiano e canadese (raggiungendo, per qualche giorno, addirittura il primo posto negli Stati Uniti). È un dato che deve far riflettere – e forse ha colto di sorpresa gli stessi vertici di Netflix -, se si tiene in considerazione che la concorrenza è rappresentata da titoli come Bridgerton, megaproduzione in costume targata Shonda Rhimes, attesissima da decine di milioni di affezionatissimi fan. Al netto di tutti i suoi difetti, quale che sia il motivo, Tires è una serie che viene vista – perlomeno oltreoceano. Arriviamo così alla domanda più controversa: la rappresentazione che una serie come Tires restituisce, dovrebbe preoccupare o offendere la categoria che rappresenta? In breve, dipende. È evidente che sarebbe stato bello vedere un’officina di gommisti fare da sfondo a una serie più ironica o addirittura satirica, e molto meno stereotipata e macchiettistica. In questo senso, Tires è certamente un’occasione mancata.  Ma, d’altra parte, è proprio del genere comico far leva su determinati tratti di ciò che si vuole rappresentare, esagerandoli fino a innescare il meccanismo umoristico: è evidente che in questo processo i risultati possono essere più o meno convincenti. Perché non provare dunque a chiedersi: può una sitcom come Tires mettere in dubbio la credibilità di una intera categoria? In questo caso la risposta è scontata, e non lascia spazio ad alcuna incertezza.