Gomme vecchie, vita nuova

La ricostruzione dei pneumatici ha una lunga storia alle spalle, mentre il riciclo dei materiali che derivano da questa operazione è frutto di un’attenzione all’ambiente molto più recente. Dall’ottobre 2013 lo stabilimento di ricostruzione di pneumatici per veicoli industriali Continental di Hannover-Stöcken combina queste due pratiche amiche dell’ambiente. L’impianto occupa 83 tra impiegati e operai, che lavorano su quattro turni in 20 squadre ed è entrato a regime nel 2015, anno in cui ha prodotto 82.000 pneumatici ricostruiti a caldo con il processo brevettato ContiRe sulla base di carcasse dei marchi del gruppo Continental per i calettamenti 19,5 e 22,5”. La produzione è cresciuta costantemente sino a oltrepassare le 100mila unità nel 2019; dopo l’inevitabile battuta d’arresto del 2020, la previsione per quest’anno è di produrre 106 mila unità ContiRe che diventeranno 109mila l’anno prossimo. A fianco di queste l’azienda propone anche i ricostruiti a freddo ContiTread, che sono realizzati da partner esterni certificati.

Occhio non vede, macchina sì

Lo stabilimento è organizzato con un percorso a “U” all’interno di un fabbricato rettangolare. Il processo inizia con il ricevimento delle carcasse che arrivano su camion; queste hanno già subito una prima selezione, puramente visiva, che ha già scartato quelle in condizioni tali da pregiudicarne la ricostruzione. Il primo passo dopo lo stoccaggio è la shearografia, controllo non distruttivo che viene applicato in una camera sottovuoto. Qui il pneumatico viene analizzato con telecamere e luci laser che ne confrontano l’immagine ripresa in assenza di sollecitazioni con quelle realizzate durante la sua esposizione a stress termici e meccanici. Questo sistema mette in evidenza deformazioni nella struttura non visibili a occhio nudo, potenzialmente anche dell’ordine di micrometri. Le gomme che non passano l’esame vengono inviate al riciclo, quelle che lo superano subiscono un ulteriore controllo manuale dove si individuano eventuali interventi di riparazione e finiscono in un secondo magazzino, che serve da buffer alle linee che realizzano il pneumatico ricostruito. Siamo a metà del flusso produttivo, che qui inverte la direzione passando nella campata adiacente.

Un abito nuovo

Le carcasse, che a questo punto del processo sono ancora pneumatici completi di fianchi e battistrada, vengono inviate alla raspatura, operazione che è sostanzialmente una tornitura, con il tagliente che asporta la gomma del battistrada e dei fianchi riducendola in polvere. In questa zona, come in tutto lo stabilimento, il recupero del polverino dai pavimenti è costante, sia per ragioni di salute dei lavoratori sia per non disperdere materiale prezioso che viene poi riciclato. Secondo calcoli della stessa Continental, ogni tonnellata di granulato di gomma riutilizzato nella produzione di nuovi pneumatici e nuove fasce battistrada evita l’impiego di 0,6 t di gomma nuova e 0,4 t di nerofumo ma soprattutto contiene di 2 t le emissioni di anidride carbonica. La raspatura è eseguita con un processo automatico, che vede l’intervento umano soltanto per il carico e scarico della macchina. La carcassa raspata passa se necessario alla riparazione, eseguita con operazioni manuali; viene quindi applicata sulla cintura la mescola (in nastro) sul quale il processo in autoclave stamperà il nuovo battistrada. Conclusa questa operazione, riceve i fianchi; il nuovo pneumatico viene così inviato all’autoclave per il trattamento termico che con la vulcanizzazione completa l’adesione del battistrada e dei fianchi alla carcassa. In tempi recenti, un gas inerte ha sostituito l’acqua calda come elemento di trasmissione del calore nell’autoclave.

Come nuovo, in tutti i sensi

Uscito il pneumatico dall’autoclave, il processo è virtualmente completo; mancano soltanto la rifinitura e il controllo finale, che avvengono in un’area adiacente a quella che ospita le autoclavi. Siamo all’altro capo della “U”, alla stessa altezza dell’area di ricovero del materiale in arrivo, dove si trova anche l’ultimo magazzino, nel quale i mezzi per la movimentazione interna prelevano il prodotto finito e lo inviano allo stoccaggio o alla distribuzione. A seguire l’intero processo è un laboratorio di controllo qualità, che analizza costantemente i lotti di materiali impiegati, situato all’altezza delle macchine che applicano il substrato di mescola.