“Verso il metaverso e oltre”: si potrebbe prendere in prestito, parafrasandolo, il celebre motto dell’eroe Pixar Buzz per immaginare il nuovo orizzonte della tecnologia legata agli ambienti virtuali. Dall’immaginario cyberpunk alla realtà (aumentata): il termine metaverso viene utilizzato per la prima volta da Neal Stephenson nel 1992 nel suo romanzo Snow Crash, anche se il concetto di uno spazio virtuale, parallelo al mondo reale popola molta parte dell’immaginario fantascientifico (sia esso letterario o cinematografico) già a partire dagli anni ’80. Da quel momento in poi è stato un susseguirsi di visioni più o meno accurate dello spazio cibernetico – uno su tutti, il film Matrix del 1999 – che hanno iniziato ad intrecciarsi con l’evoluzione tecnologica in atto nel mondo reale. Il primo, e forse più eclatante per l’immaginario comune, esperimento in questo senso è stato Second Life, la piattaforma lanciata nel 2003 da Linden Lab che permetteva ai propri utenti di creare i propri avatar e, con essi, popolare un vero e proprio mondo virtuale. Il successo della piattaforma è andato lentamente scemando, ma essa costituisce un buon punto di partenza per la comprensione della nuova dimensione virtuale.
L’incessante evoluzione del settore ha permesso di affinare una serie di tecnologie (dalla realtà virtuale alla cosiddetta realtà estesa) che hanno reso possibile l’evoluzione dell’ambiente virtuale in quello che possiamo chiamare metaverso: “una rete interoperabile e su larga scala di mondi virtuali tridimensionali rappresentati in tempo reale, che può essere utilizzata in maniera sincrona e persistente da un numero illimitato di persone con una sensazione individuale di presenza e con continuità di dati”, come lo ha definito Matthew Ball, autore del volume intitolato appunto “Metaverso”.
Come è evidente dalla definizione proposta da Ball, si tratta di un ambiente stratificato e composito, all’interno del quale trovano già spazio diversi brand, che adottano strategie differenti. Da un lato, infatti, il metaverso può essere utilizzato come vetrina per massimizzare la propria visibilità e per aumentare le vendite nei canali di e-commerce: qui il commercio online si trasforma e diventa anch’esso un’esperienza immersiva, tanto da essere già stato rinominato iCommerce – immersive Commerce, in cui commerciare in criptovaluta proteggendo le proprie transazioni tramite il sistema di blockchain. Il passo successivo, che già sembra interessare diversi brand automotive, è l’impiego di NFT (non-fungible token): si tratta di “certificati di proprietà e autenticità” di un bene unico (e pertanto non fungibile) attivati attraverso la tecnologia blockchain. Non una comune compravendita, dunque, ma un livello di transazione che permette di raggiungere, potenzialmente, un nuovo livello di interazione con l’utente. Un’altra applicazione del metaverso, meno orientato verso il consumatore e più diretto alla produzione, è il cosiddetto metaverso industriale. Attraverso un complesso intreccio fra le tecnologie del digital twin (gemello digitale, già di fatto utilizzato in alcuni rami di industria), l’intelligenza artificiale, l’internet of things e il machine learning è possibile, infatti, per le aziende monitorare e ottimizzare, in tempo reale, determinati processi di produzione e testing – migliorando di conseguenza la performance e con la possibilità di intervenire in anticipo rispetto a quanto potrebbe accadere nel mondo “reale”. Una piattaforma in grado di riprodurre un “gemello digitale” di un intero impianto produttivo è stata progettata dall’azienda californiana Nvidia ed applicata ad una fabbrica BMW, riproducendo integralmente in digitale il reparto produttivo dell’impianto di Ratisbona. “Se è possibile costruire un mondo virtuale che corrisponde a quello reale nella sua complessità, nelle sue dimensioni e in termini di precisione, a quel punto ci sono molte grandi cose che puoi fare con esso”, ha commentato Rev Lebaredian, del Gruppo Nvidia.