Nuova caduta del mercato italiano dell’auto. In ottobre sono state immatricolate 126.488 autovetture con un calo del 9,05% sullo stesso mese del 2023. Grazie alla modesta crescita accumulata nella prima parte dell’anno, il 2024 dovrebbe chiudere con un livello di immatricolazioni dell’ordine di 1.600.000 unità. Un livello che è comunque infimo se si considera che all’inizio del secolo e per l’esattezza nel 2001 in Italia vennero immatricolate 2.418.226 e su questo livello il mercato si mantenne poi fino al 2007 quando le immatricolazioni furono 2.494.115. Con il fallimento di Lehman Brothers e la crisi economica globale che ne seguì le immatricolazioni in Italia arrivarono a toccare un minimo di 1.304.842 nel 2013 per tornare a sfiorare i 2.000.000 nel 2016 e attestarsi a 1.917.106 nel 2019, cioè nell’anno che ha preceduto la pandemia. Il volume di immatricolazioni del 2024 si collocherà poi al di sotto del livello ante-crisi del -16,5%. E non conforta certo il fatto che la situazione non è molto diversa da quella degli altri paesi dell’Unione Europea da cui arrivano notizie da bollettino di guerra. In questo quadro non stupisce che dall’inchiesta congiunturale mensile condotta dal Centro Studi Promotor a fine ottobre emergano valutazioni estremamente preoccupate dei concessionari per il futuro prossimo e meno prossimo. Secondo l’inchiesta, il 69% dei concessionari lamenta in ottobre una insoddisfacente raccolta di ordini, il 48% segnala un alto livello di giacenze di auto nuove invendute e questo dopo che le scorte di invenduto erano state estremamente basse negli anni precedenti il 2024 per effetto delle difficoltà di produzione legate alle carenze di importanti componenti. E ancora, il 65% di concessionari segnala un basso livello di visitatori nelle show room, mentre il 61% si attende vendite in calo nei prossimi tre mesi. Naturalmente a questi dati si accompagna una situazione di forte preoccupazione per i concessionari in cui si inserisce con effetto dirompente la recente decisione del Governo italiano di cancellare quanto rimaneva (4,6 miliardi) del fondo istituito nel 2022 dal Governo Draghi per sostenere il settore dell’auto. D’altra parte, va anche segnalato che diventa sempre più critico l’atteggiamento dei concessionari nei confronti dell’auto elettrica. Sempre dalla rilevazione del CSP emerge che tra le soluzioni ecologiche nel 2020 i concessionari ponevano al primo posto l’auto elettrica. Oggi l’auto elettrica è scivolata al 7% delle indicazioni contro il 45% delle ibride (HEV), il 29% delle ibride plug-in (PHEV) e il 19% dell’idrogeno. In questa situazione appare sempre più urgente – afferma Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che l’Unione Europea rompa gli indugi nel rivedere le sue posizioni sulla transizione energetica dell’auto. Essere prima della classe nel mondo su questo terreno sta già generando forti perdite al settore europeo dell’auto e all’economia dell’Unione. Proseguendo su questa strada la catastrofe è dietro l’angolo e le notizie da bollettino di guerra che giungono dall’Unione lo dimostrano.