Il settore dei trasporti tra sostegni e riforme mancate

Un’estate difficile per l’autotrasporto e per la mobilità delle merci in generale a causa della gravissima crisi legata alla guerra ucraina che si va a sommare alle conseguenze della biennale crisi pandemica e allo spettro del complicato passaggio al tutto elettrico. Per l’autotrasporto italiano una piccola boccata d’ossigeno è però arrivata con lo stanziamento del fondo da 500 milioni per l’autotrasporto che ha confermato un credito di imposta del 28%.

È apparso sulla Gazzetta Ufficiale del 17 maggio, infatti, il decreto che contiene uno stanziamento di 497 milioni, da fruire tramite un credito di imposta sugli acquisti di gasolio effettuati nel primo trimestre 2022. Il tutto per fornire un sostegno alle aziende di autotrasporto, con cui mitigare gli extracosti generati dall’attuale contingenza. In particolare, il decreto riconosce alle imprese private temporaneamente del rimborso delle accise, un contributo straordinario, sotto forma di credito d’imposta, nella misura del 28 per cento della spesa sostenuta nel primo trimestre del 2022 per l’acquisto di gasolio impiegato per il rifornimento di veicoli di massa superiore a 7,5 tonnellate di classe ambientale euro V ed euro VI, al netto dell’Iva e comprovato mediante le relative fatture d’acquisto. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione e non concorre alla formazione del reddito d’impresa, né della base imponibile ai fini Irap. In più lo stesso credito d’imposta può essere cumulato con altre agevolazioni aventi per oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito, non porti al superamento del costo sostenuto. Gli incentivi si applicano nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato.

Se dall’autotrasporto arriva un plauso per questo sostegno, su un altro fronte arrivano prese di distanza: sul delicato problema dei trasporti eccezionali, infatti, le attese nuove linee guida sono slittate al 31 luglio. Un rinvio che gli operatori del settore non hanno accolto in modo positivo. Luca Civolani, presidente di Tea, trasportatori eccezionali associati, ha affermato che “l’inadempienza del Governo ha paralizzato tutto il mondo dei trasporti eccezionali: oggi le imprese di trasporto italiane sono lasciate sole, allo sbando, senza una legge chiara”.

La critica fa riferimento al fatto che il Governo aveva promesso un Tavolo tecnico nazionale entro il 30 aprile scorso, ma adesso questo impegno slitta di almeno tre mesi e la cosa non fa certo piacere a chi lavora e non dispone di riferimenti normativi certi. “Gli imprenditori chiedono risposte – spiega il segretario nazionale Marcello Bano – non possono sostenere stipendi e investimenti in un clima di totale incertezza sul futuro, dovuto alla completa mancanza di risposte, il Governo deve agire subito, il Tavolo tecnico non può attendere oltre, serve un progetto serio e concreto, che dia fiducia alle imprese”. L’associazione è cioè convinta della necessità di ridare certezze, indispensabili all’industria produttrice dei veicoli per trasporti eccezionali, alle aziende che impiegano questi veicoli e all’intero mondo della committenza, così come è necessario disporre di conoscenze approfondite di norme internazionali, europee e nazionali dedicate alla sicurezza stradale.

L’autotrasporto è anche alle prese con una crisi complessa più profonda, una crisi di “vecchiaia” per così dire. Per i veicoli trainati infatti, il parco circolante è sempre più vecchio e serve un sistema che spinga al rinnovo. Se ne è parlato al convengo “Trailer: guardiamoci le spalle”, organizzato nell’ambito del Transpotec. Dall’evento è emerso come l’età media degli oltre 400.000 veicoli trainati attualmente in circolazione nel nostro Paese sia superiore ai 17 anni: per rinnovare il parco servirebbero ben 29 anni. Numeri allarmanti per la sicurezza della circolazione, soprattutto se si considera che più dell’81% del parco circolante non è dotato di Esp e più del 37% è senza Abs.

I dati diffusi restituiscono un’immagine del trainato sovrapponibile a quella del trainante: dinamiche e difficoltà sono le stesse. “Se parliamo di sicurezza – ha commentato Paolo Starace, presidente della sezione veicoli industriali di Unrae che era tra i relatori della tavola rotonda – la combinazione dei due elementi, quindi trattore e rimorchio o semirimorchio, è imprescindibile e bisogna far uscire dal mercato i veicoli più anziani che operano fuori dalle regole”. Da registrare poi anche la questione delle novità sull’accesso alla professione di autotrasportatore, con deregulation che preoccupa: è quella riferita al Pacchetto mobilità Europeo nella parte dedicata appunto all’accesso alla professione di autotrasportatore. Il testo normativo non concede più agli Stati membri la facoltà di richiedere requisiti supplementari per l’accesso alla professione. Una scelta che in Italia era stata fatta imponendo l’ingresso diretto con veicoli di massa complessiva non inferiore a 80 tonnellate di classe Euro V oppure la cessione d’azienda o quello del parco veicolare di impresa che esce dal mercato.

Tutto questo ora non vale più. Di conseguenza la circolare ribadisce, anche rispetto alle aziende già attive, che “le imprese che hanno avuto l’accesso al mercato con veicoli appartenenti a una determinata categoria Euro possono immatricolare e/o utilizzare veicoli di qualsiasi categoria”. Quindi si potrà accedere anche con camion Eurozero. Una disposizione non propriamente coerente con tutta la normativa comunitaria e nazionale che appare davvero problematica e preoccupante. Da qui l’attacco: per il presidente di Conftrasporto-Confcommercio, Paolo Uggé, “l’Unione Europea non sarebbe in grado di affrontare i temi caldi” sul tavolo: “Siamo arrivati al punto di non ritorno, ora servono politiche realistiche, oppure vogliamo veramente che le imprese italiane della logistica chiudano i battenti? Non è chiaro che se le imprese dell’autotrasporto si fermano, si ferma l’intero sistema economico?”. Poi la proposta: “Inizieremo a incontrare tutte le Istituzioni italiane – ha spiegato ancora Uggé – che operano a Bruxelles, affinché possano comprendere i reali bisogni del sistema economico italiano, auspicando che potranno condividere i nostri obiettivi”.

 

 

Camion: verso una mappa per la collocazione delle ricariche elettriche

L’obiettivo è quello di aiutare i governi e gli operatori delle infrastrutture a orientare al meglio gli investimenti per implementare punti di ricarica utili per i camion elettrici. Si studia allora una mappa per definire una distribuzione adeguata ed efficiente di nuovi punti ricarica per camion elettrici in Europa. È questo l’oggetto dello studio del Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research Isi, effettuato su commissione dell’Acea - Associazione europea dei produttori di automobili. Martin Lundstedt, presidente del consiglio di amministrazione dei veicoli commerciali di Acea e Ceo del gruppo Volvo, ha spiegato che i camion elettrici a batteria svolgeranno un ruolo importante nel processo di decarbonizzazione del trasporto merci su strada. Se verranno installate rapidamente un numero sufficiente di stazioni di ricarica in tutta l’Ue, la loro diffusione sul mercato aumenterà in modo esponenziale nei prossimi anni. Ma allo stato attuale mancano quasi completamente stazioni di ricarica adatte alle esigenze specifiche dei camion. Con ogni probabilità, gli operatori di camion che passano all’elettrico manterranno il loro comportamento di guida: lo scopo dello studio è quindi quello di mappare esattamente dove conducenti fanno le loro fermate oggi e quali sono più utilizzate.

 

La parità di genere sbarca anche nel trasporto merci

Le aziende anche private con più di 50 dipendenti sono tenute a rispettare l’obbligo di redazione del rapporto sulla parità di genere. Che quindi ora sbarca anche nell’autotrasporto visto che riguarda tutte le aziende con più di 50 dipendenti, sia pubbliche che private. Tutte sono tenute a compilare con cadenza biennale un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile. L’invio va fatto in modalità esclusivamente telematica sul portale Servizi Lavoro e si ha tempo fino al 30 settembre 2022. La mancata trasmissione comporta l’applicazione di sanzioni, un decreto interministeriale ha definito le modalità per la redazione del rapporto. Va precisato che la compilazione è obbligatoria per le aziende con più di 50 dipendenti, mentre quelle che occupano fino a 50 dipendenti possono redigere il rapporto su base volontaria. Il rapporto deve essere redatto in modalità esclusivamente telematica tramite il nuovo applicativo informatico disponibile sul portale Servizi Lavoro, ed è operativo dal 23 giugno scorso. Il rapporto, per il solo biennio 2020-2021, dovrà essere inviato entro il 30 settembre 2022, per gli anni successivi, invece, rimane confermata la data del 30 aprile dell’anno successivo alla scadenza di ogni biennio. Terminata la procedura, se non saranno stati rilevati errori o incongruenze, l’applicativo rilascerà una ricevuta che attesta la corretta redazione.